7.0
- Band: DEPARTURES
- Durata: 00:33:29
- Disponibile dal: 07/29/2016
- Etichetta:
- Holy Roar Records
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Il terzo full-length dei Departures, come prevedibile, si configura come un ulteriore spostamento verso uno stile musicale più soft e un immaginario sentimentale che poco hanno a che vedere con ciò che solitamente viene definito hardcore o punk. Davanti a “Death…” si può semmai parlare di wave, post grunge, semplice rock dai toni nostalgici o di una sorta di screamo vecchia scuola ripulito da ogni frenesia. I Departures ormai stanno al (melodic) hardcore come gli Anathema stanno al metal. Entrambi i gruppi continuano ad essere accostati a queste scene per il loro passato – più o meno remoto – da validi esponenti di certe sonorità, ma la realtà è che questi musicisti hanno da tempo le orecchie sintonizzate su altre frequenze e il loro songwriting in questo senso non lascia spazio a fraintendimenti. “Death…”, insomma, porta avanti il discorso avviato dal precedente “Teenage Haze”, affindandosi a suoni e registri ancora più languidi con l’intento di affermarsi come una sorta di colonna sonora per certi momenti della crescita e per lo scontro con le difficoltà della vita verso cui si affacciano i giovani ragazzi scozzesi. Le melodie malinconiche sono le stesse di sempre, ma appare evidente il passaggio a sonorità più immediate e compatte, meno disposte a commistioni di genere rispetto a quelle più concitate dei lavori precedenti. Il quintetto propone brani diretti e concisi assieme a ballate elettriche dal mood amaro, provando a cullare l’ascoltatore con testi angosciati e un lirismo più che mai incentrato sulle incertezze giovanili. A fronte di tutta questa sensibilità, inizia a farsi largo l’impressione che sia giunto il momento per la band di avvalersi di un vero e proprio cantato: su questo tipo di trame lo screaming a volte appare infatti piuttosto ripetitivo e limitante, tanto che alcuni brani faticano a lasciare il segno. James McKean al microfono ha indubbiamente una sua coerenza, ma le sue urla disperate non aiutano le tracce a raggiungere una loro caratteristica specifica. Per questo motivo, “Death…” riesce a comunicare meno di quanto ci si aspetterebbe, pur confermandosi un’opera sentita e tutto sommato amabile. In ogni caso, il quintetto è giovane e sinora ha dimostrato di non avere paura di sperimentare, quindi sarà lecito aspettarsi qualche nuova soluzione e miglioria al prossimo appuntamento.