7.0
- Band: DEPRAVATION
- Durata: 00:37:52
- Disponibile dal: 03/04/2020
- Etichetta:
- Lifeforce Records
- Distributore: Audioglobe
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La Germania si conferma terreno fertile per uno stuolo di punkabbestia ceduti al fascino del metal estremo più ruvido e viscerale. Ragazzi che immaginiamo essere cresciuti con il mito di Amebix e Tragedy e che in un secondo momento si sono approcciati alla pesantezza dei Bolt Thrower e alle cavalcate impetuose degli Immortal, andando a delineare una proposta squisitamente lo-fi e apocalittica, in grado di riportare alla mente immagini di barricate, città sull’orlo del collasso e rivolte urbane.
Non sfuggono alla regola i Depravation, già autori di un cospicuo numero di pubblicazioni tra split (da segnalare quello del 2018 con i connazionali Ancst), EP, full-length e compilation e qui arrivati al traguardo della seconda prova sulla lunga distanza grazie al sostegno della Lifeforce Records, vera e propria roccaforte del circuito hardcore-metal europeo che, con ogni probabilità, assicurerà loro i giusti riconoscimenti e la giusta visibilità. I Nostri non inventano nulla, questo è bene sottolinearlo, ma a colpi di ardore e dinamismo dimostrano come sia ancora possibile ritagliarsi il proprio spazio tra le fila sempre più nutrite del sottogenere, confezionando una tracklist varia il giusto e dalla tensione (quasi) sempre costante. Urgenza e rabbia sono indubbiamente i motori emotivi di questo “III: Odor Mortis”, eppure il loro contributo non sfocia mai in un senso di confusione o – peggio – di piattezza compositiva, la quale porta spesso i prodotti di questo tipo a diventare una prevedibile sequenza di carneficine-lampo e brani dall’incedere cadenzato.
Fin dall’opener “Casting Fear”, quello messo in mostra è un songwriting arrembante che ama contrarsi e distendersi sulla scia di un approccio ritmico/chitarristico gestito con gusto e criterio, ben bilanciato tra scariche d-beat, digressioni caterpillar in odore di “Realm of Chaos” e “War Master” e pura malvagità scandinava. E anche quando i Depravation smettono i panni degli insorti armati di mazze chiodate, schiudendosi a parentesi riflessive e malinconiche (vedasi la strumentale “Sickness”), il risultato complessivo si conferma più che degno, per un disco che, per quanto privo di veri lampi di genio, sancisce un importante passo in avanti per il progetto di Gießen. Faremo il possibile per continuare a seguirlo.