7.0
- Band: DEPRAVATION
- Durata: 00:33:18
- Disponibile dal: 17/02/2023
- Etichetta:
- Lifeforce Records
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La storia dei Depravation è simile a quella di tante altre realtà del circuito crust/hardcore tedesco, partite appunto con la fissa per Ekkaia e Tragedy e spostatesi nel giro di poco tempo su registri sempre più sporcati di extreme metal. Edito nuovamente da Lifeforce, “IV: Letum” è l’ultima tappa di questo passaggio al lato oscuro della Forza, con i ragazzi di Giessen che, dopo l’astiosità del precedente “III: Odor Mortis”, decidono di annerire ulteriormente la loro proposta, incrementando non poco gli elementi black all’interno del suono generale. Uno sguardo rivolto più alla Scandinavia di metà anni Novanta che all’Inghilterra dei Bolt Thrower, insomma, con le chitarre a riecheggiare freddissime su un impianto ritmico lancinante e il comparto vocale che, per ampie porzioni dell’opera, trova in uno screaming acido il mezzo grazie a cui propagarsi e riempire ogni spazio lasciato libero dagli strumenti (o quasi).
Detto di un impatto iniziale stordente, anche a questo giro, non serviranno lunghe analisi per accorgersi di come il quartetto operi in maniera sensata, lasciandosi sì irretire dal fascino e dalla malvagità dei blast-beat, ma non dimenticandosi certo di quegli ‘stratagemmi’ utili a conferire il giusto dinamismo e spessore all’ascolto. In particolare, piacciono molto i rintocchi simil-acustici di un episodio come la conclusiva “Sadness”, in odore di Dissection di “The Somberlain”, così come le digressioni intrise di rancore battagliero – più vicine alle soluzioni degli esordi – che qua e là spezzano la fiumana della tracklist, e che consentono al disco di rifiatare quel tanto che basta da non trasmettere un senso di apnea e uniformità costante. Chiaro, il vero ingegno (anche tra i ranghi di questo particolare filone) risiede altrove, ma con “IV: Letum” i Depravation dimostrano ancora una volta di essere una formazione solida e competente, abile nel condensare la propria istintività in lavori che, complici un’interpretazione sicura e una durata mai pretenziosa, finiscono per essere lasciati volentieri in rotazione.
Una buona uscita per i fan di Ancst, Dödsrit e compagnia black-death ibridata con il crust.