7.0
- Band: DER WEG EINER FREIHEIT
- Durata: 00:45:31
- Disponibile dal: 25/08/2017
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Con “Stellar” i Der Weg Einer Freiheit si sono affrancati da una condizione prettamente underground, entrando in pianta stabile in ‘giri’ importanti. L’attività live del gruppo si è notevolmente intensificata, portando i quattro a calcare con frequenza i palchi dei principali festival europei (Hellfest e Eindhoven Metal Meeting fra gli altri) e permettendo inoltre di accodarsi a tour di prestigio. Un tale aumento di impegni ha lasciato dei segni nella line-up, rimodellata per metà attorno al leader Nikita Kamprad e al batterista Tobias Schuler; fuori Giuliano Barbieri al basso e Sascha Rissling alla seconda chitarra, dentro Nico Ziska e Nicolas Rausch. Musicisti in formazione solo da pochi mesi e che non hanno preso parte alle registrazioni, affidata al solo duo Kamprad-Schuler. Non si segnalano cambi di rotta marcati, anche se è percepibile da parte della band il desiderio di ampliare il raggio d’azione e aprirsi a nuovi orizzonti. Se fino al predecessore la strada dell’irruenza veniva battuta andando a scomodare paragoni con il black metal più crudo dei primi anni ’90, alternando sfuriate terrificanti a parentesi toccanti, ora le partiture più violente assumono connotazioni smussate e venate di fosca malinconia. I ritmi convulsi hanno tutt’ora un’importanza centrale, però il lavoro di chitarra che vi si abbina prevede marcate iniezioni di melodia, schiarendo l’intensa patina nera prima onnipresente. Volendo produrci in un paragone di tipo geografico, il salto è dalla Norvegia all’Oregon, considerate le numerose escursioni in ambiti tipicamente shoegaze, richiamanti il black metal atmosferico statunitense. Un ingrediente utilizzato con estrema parsimonia era quello delle voci pulite, che in “Finisterre”, pur non ribaltando i rapporti di forza con lo screaming, si guadagnano momenti importanti, giungendo a un’enfasi quasi ‘nordica’ quando presenti. L’evocazione di vaste foreste e natura lussureggiante invade i sensi anche quando fanno la loro comparsa gli arpeggiati o la distorsione viene illanguidita, a favore di un fraseggiare colmo di sentimento che ha sostituito le massicciate post-metal utilizzate a profusione in “Stellar”. L’alternanza frenesia-riflessione prevede minori sbalzi fra l’una e l’altra, le armonie chitarristiche disegnano panorami estatici con convinzione, espandendosi in volute dolciastre, a volte rapide a cambiare d’aspetto, in molti altri casi in evoluzione tramite cadenze composite e studiate. Nelle canzoni-fiume “Ein Letzter Tan” e nella title track apprezziamo appieno la profondità del songwriting, si percepisce un’affinata cura per il dettaglio e la volontà di incastonare dinamiche non pienamente afferrabili in uno stile che nell’animosità e nell’istintività ha ancora le sue ragioni fondanti. Nell’insieme, il duo non ha tradito le aspettative ma, a fronte di una costruzione del disco inappuntabile, non ci sarebbe dispiaciuto essere malmenati brutalmente come accadeva in molti frangenti di “Stellar”. Il suono torbido e la spietatezza del terzo album sono ripescati solo in parte in “Finisterre”, alla lunga l’assenza di stilettate dalle atroci conseguenze si fa sentire e non è compensata completamente dal raffinamento delle formule compositive. È un’impressione molto personale questa, non vi sono difetti importanti a inficiare il valore di un’opera che tiene i Der Weg Einer Freiheit nei piani alti dell’affollato scenario post-black metal.