6.5
- Band: DERDIAN
- Durata: 01:07:55
- Disponibile dal: 13/03/2013
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“Limbo” è per la band milanese un netto taglio con il passato per svariati motivi. In primis, il nuovo album vede l’esordio – molto positivo tra l’altro – del cantante Ivan Giannini; in secondo luogo, a livello lirico, la band inizia una nuova avventura, avendo terminato con il precedente lavoro la trilogia “New Era” (trattata nei primi tre lavori appunto). Infine, dopo svariati cambi di etichetta, i Derdian scelgono la strada dell’autoproduzione. Insomma, “Limbo” si annuncia come un lavoro molto importante per definire il futuro della band e i Nostri hanno affrontato la sfida con il piglio giusto, uscendone alla fine vincitori. Visto il momento delicato, la scelta è stata di affidarsi al solito stile, rodato con i primi tre album: power metal sinfonico assolutamente debitore nei confronti dei Rhapsody Of Fire, con qualche innocente e poco convinto tentativo di staccarsi, qua e là, dal cordone omebelicale dei re dell’Hollywood metal. L’inizio è affidato alla classica intro seguita dall’altrettanto classico pezzo che apre questo genere di dischi: “Dragon Life” è veloce, bombastica e ripercorre fedelmente quanto fatto dalla band triestina, emulata addirittura nella scelta di utilizzare versi in italiano nel bridge. Insomma, avrete capito che qui non alberga sicuramente l’originalità, ma le cose sembrano funzionare bene ed il risultato è apprezzabile. Con “Heal My Soul” si registra il primo timido tentativo di variare un po’ la proposta, e la band ci riesce confezionando una song che viaggia su tempi medi, puntando tutto sul gusto, ricalcando quanto fatto dai Kamelot e dagli Angra; con la seguente “Light Of Hate” i Derdian puntano con decisione sulla velocità e su un power helloweeniano contraddistinto da melodie di ampio respiro, mentre la titletrack rappresenta il tentativo meglio riuscito di costruirsi una propria identità: infatti, pur rimanendo ancorata ad un impasto molto classico, quest’ultima cede volentieri il passo a soluzioni progressive, arrivando a sconfinare nella world music. Questi sono gli episodi meno convenzionali in rapporto a quanto la band ha proposto in passato; il resto del disco procede sicuro sui soliti sentieri e un certo senso di noia non tarda ad arrivare, anche a causa di una durata forse eccessiva. Che dire, chi ama certe sonorità ed ha già avuto modo di apprezzare i dischi precedenti, troverà interessante anche questo; chi, al contrario, non è per questo genere di musica, continui pure a passare oltre.