7.0
- Band: DERDIAN
- Durata: 00:46:37
- Disponibile dal: 20/10/2023
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È uno splendido e battagliero artwork a darci il benvenuto a “New Era Part IV – Resurgence”, ritorno discografico autoprodotto per i meneghini Derdian, che, dopo una pausa lunga cinque anni, si rimettono in pista riprendendo la saga che li ha accompagnati durante la prima parte della propria carriera, denominata appunto “New Era”, e interrotta dopo la pubblicazione del terzo disco, “New Era Pt. 3 – The Apocalypse” nel 2010 per abbracciare man mano sonorità più moderne fino al più recente “DNA”.
Facile attendersi quindi un ritorno al power metal di stampo europeo più epico e sinfonico, quello che ha subito fatto centro con il debutto del 2005 “New Era Pt.1”, anche se dobbiamo constatare la sanguinosa assenza – onestamente mai ufficializzata da ambo le parti – dello storico tastierista Marco Garau, impegnato ormai con i suoi progetti di pianoforte e con i Magic Opera, membro importante anche in fase di songwriting. In effetti, la sua dipartita sembra pesare: ciò che va a mancare sono infatti alcune parti di tastiera e di orchestrazioni che avrebbero reso più ricco e vario il risultato finale. Detto ciò, a far da contraltare a questa perdita, è la conferma del talentuoso cantante Ivan Giannini, anche nei Vision Divine, il quale aggiunge certamente una marcia in più alle nuove composizioni.
Nonostante il power metal dei Derdian sia certamente legato alle sonorità di fine anni Novanta ed inizio del Nuovo Secolo – con qualche immancabile riferimento in particolare ai Rhapsody – che per qualcuno potrebbe risultare superato, bisogna mettere subito in chiaro che il gruppo capitanato dal chitarrista Enrico “Henry” Pistolese ha saputo creare quasi da subito un sound altamente riconoscibile. Un vero appassionato di queste sonorità, anche alla cieca, riconoscerebbe al volo la musica dei Derdian, costruita su galoppate ricche di pathos con orchestrazioni sinfoniche, riff possenti ed oscuri e melodie capaci di conquistare fin da subito. E le nuove composizioni non fanno certo eccezione.
I rimandi alla prima fase della carriera sono subito evidenti prima con la scoppiettante opener “The Grin Of Revenge”, che esplode dallo stereo con grinta spinta dal drumming energico di Salvatore Giordano, ma alla quale manca forse un pizzico di verve per convincere fino in fondo; poi con la successiva “The Evil Messiah”, con la quale l’ascolto si infiamma: i ritmi si fanno vorticosi e le melodie vocali esplosive, tanto che il ritornello, che scorre rapido sulla doppia cassa, fa subito pieno centro. Più massiccia ed oscura, “Face To Face” fatica a convincere e scivola via senza lasciare troppe sensazioni positive. È quando la band decide di metter peso sul pedale dell’acceleratore, scalando le marce più alte, che i risultati arrivano puntuali, forti di un’esperienza ventennale su questo campo; la tumultuosa fast-song “Dorian”, grazie soprattutto alle note altissime raggiunte dall’ugola di Ivan, colpisce con decisione e viaggia rapidissima lasciando spazio poco più tardi a “Resurgence”, altro pezzo tiratissimo che, seppur fin troppo canonico, non lascia scampo in termini di carica ed energia. La lenta ed avvolgente “All Is Lost” svolge il proprio lavoro senza sorprendere più di tanto, ma aprendo la via al classico pezzo power che risponde al nome di “Derdian”, altro momento scrosciante dove una montagna di cori preparano la strada al ritornello tutto da cantare, ben interpretato dal solito Giannini. Infine la conclusiva “Astar Will Come Back” mostra il lato più riflessivo della band, con sonorità quasi progressive che ben si fondono con aperture melodiche ben congeniate, impacchettando così uno dei brani più riusciti della tracklist, di certo il più interessante.
C’è poco da aggiungere: se amate il power metal epico e coinvolgente, ricco di sfuriate metalliche e assoli incisivi con cori e ritornelli esplosivi, questo ritorno dei Derdian non potrà deludervi. Peccato solo che durante i quarantasei minuti di durata di “New Era Part IV – Resurgence” non tutto giri alla perfezione, lasciando la la sensazione che la band potesse osare qualcosa di più.