8.5
- Band: DEREK SHERINIAN
- Durata: 00:45:52
- Disponibile dal: /11/2004
- Etichetta:
- Inside Out
- Distributore: Audioglobe
In diverse interviste rilasciate nel corso della sua lunga carriera di session man, l’ex Dream Theater aveva sempre rimarcato la propria peculiarità esecutiva, figlia di un approccio allo strumento che molto doveva in termini di suono a quelli che erano i suoi idoli della sei corde. Un’intenzione chitarristica, testimoniata dall’uso di sonorità inedite, ma anche dallo spazio lasciato di volta in volta nelle sue pubblicazioni ai migliori axeman del pianeta. Ma stavolta Derek ha superato se stesso, incidendo una serie di temi da brivido, che lo collocano stilisticamente in una zona privilegiata della musica strumentale, a cavallo di una fusion modernista che gioca a carte scoperte con un impatto groovy legato a doppio filo al panorama metal progressive contemporaneo. Disarmante la maestosità delle nove tracce, che accanto alle ritmiche serrate ed agli immancabili armonici artificiali di Zakk Wylde, tradiscono un’intenzione smaccatamente vintage, merito anche dell’incredibile cast figurante. Ecco allora che Steve Stevens appare quasi indistinguibile dal sempre esplosivo Steve Lukather, poiché entrambi (nelle rispettive “Alpha Burst” ed “El Flamingo Suade”) sembrano strizzare l’occhio al Jeff Beck del periodo fusion, un territorio dal quale si mantiene ben distante la leggenda John Sykes, che offre nella sezione slow di “God Of War” il consueto campionario di bending dal vibrato impossibile, caratteristica che già all’epoca del suo operato in “1987” (Whitesnake) ne decretò il passaggio diretto nell’Olimpo della sei corde. Di livello ovviamente superiore il solismo di sua maestà Allan Holdsworth, che in “Day Of The Dead” e “One Way Or The Other” torna a confrontarsi con strutture fisse già sfidate nel criticato “Heavy Machinery”, in tandem con i fratelli Joansson. Sentire l’ex Soft Machine improvvisare con tale maestria su un tappeto di accordi risicato, e fuggire dai consueti appigli pentatonici è quanto di più alto possa partorire il chitarrismo contemporaneo. La stessa “One Way Or The Other” si sviluppa su un tema che vede duettare Derek e l’indimenticato violinista Jerry Goodman, anima della Mahavishnu Orchestra, band che la traccia tributa in maniera evidente, fra unisoni violino/tastiera (flashback dei celebri duelli di metà ’70 McLaughlin/Goodman) ed aperture fusion di ispirazione Weather Report. Un album da applausi, una rappresentazione magistrale delle migliori istanze del rock strumentale degli ultimi trent’anni.