
6.5
- Band: DEREK SHERINIAN
- Durata: 00:42:33
- Disponibile dal: 18/09/2020
- Etichetta:
- Inside Out
- Distributore: Sony
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Con un curriculum che l’ha visto suonare come session man di fianco a nomi come Alice Cooper, Kiss, Billy Idol e come parte integrante di formazioni del calibro di Dream Theater, Black Country Communion e Sons Of Apollo, Derek Sherinian ormai non ha davvero bisogno di presentazioni. Il musicista di origini armene, nel corso degli anni, è riuscito a mettere i suoi tasti bianchi e neri al servizio di generi che raramente trovano nelle tastiere il loro vero punto di forza. Merito di una tecnica di altissimo livello che, però, non dimentica mai di dover mettere in primo piano sempre le canzoni e non le pure e semplici esibizioni di bravura. Anche nei suoi dischi solisti Sherinian, pur rimanendo il fulcro attorno a cui ruota l’intero lavoro, ha sempre lasciato spazio ad una pletora di colleghi e amici, con una predilezione verso il mondo dei grandi chitarristi. Non fa eccezione anche il nuovo “The Phoenix”, scritto a quattro mani con il leggendario batterista Simon Phillips ed impreziosito da una serie di ospiti di lusso, da Steve Vai a Zakk Wylde, passando per Bumblefoot, Kiko Loureiro e Joe Bonamassa. Derek, pur fornendo a ciascuno le linee guida di base, ha lasciato a questi maestri della sei corde la possibilità di lasciare la propria impronta nelle composizioni, affiancando il tastierista in un continuo scambio di note ed idee. Ciò che ne emerge, è un lavoro realizzato da un gruppo di amici e colleghi che suonano e jammano alla grande, con una padronanza dei propri strumenti pressoché completa. Chi vi scrive ha apprezzato la luminosa “Clouds Of Ganymede”, con la chitarra riconoscibilissima di Steve Vai a dettare legge; “Dragonfly”, che invece trova il suo protagonista nel pianoforte jazzy di Sherinian; e soprattutto la conclusiva “Pesadelo”, scritta con il contributo di Kiko Loureiro, che rispolvera per l’occasione il suo tocco ispanico, con un eccellente break di chitarra acustica a dare calore e colore.
Il rovescio della medaglia, in tutto ciò, è un parziale rovesciamento di quello che dicevamo in apertura: se è vero che Sherinian ha dato il meglio di sè mettendosi al servizio delle canzoni piuttosto che della pura tecnica, in “The Phoenix” di canzoni non ce ne sono (o meglio, ce n’è una sola, di cui parleremo a breve). L’album riesce a mostrare in modo brillante le capacità strumentali di tutte le parti in causa, ma non centra l’obiettivo quando si arriva a parlare di composizione e arrangiamento, limitandosi a fluttuare nel territorio (dignitosissimo) della jam session di lusso. La cosa appare evidente quando si arriva, appunto, all’unica vera canzone del disco, ovvero “Them Changes”, una cover di un vecchio brano di Buddy Miles, cantata per l’occasione da Joe Bonamassa: è in questa occasione che troviamo lo Sherinian che apprezziamo di più, capace di rileggere un brano con gusto, accompagnato da altri professionisti in gradi di tirare a lucido un vecchio rhythm and blues pubblicato mezzo secolo fa.
“The Phoenix”, dunque, appare un prodotto più di nicchia, interessante soprattutto per musicisti e appassionati dello strumento; tutti gli altri possono continuare a godersi il secondo album dei Sons Of Apollo pubblicato qualche mese fa, in attesa dell’annunciato ritorno dei Black Country Communion.