7.5
- Band: DESASTER
- Durata: 00:46:05
- Disponibile dal: 04/06/2021
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Siete circondati dall’incertezza? Siete alla disperata ricerca di qualcosa che vi porti fiducia e sicurezza? Non temete, i Desaster sono qui per voi. Sinonimo assoluto di garanzia e fedeltà, la band di Infernal è tornata in azione, con il suo marchio di fabbrica forgiato di black e thrash. Una formula diretta, tremendamente semplice, ma che ogni volta è in grado di centrare l’obiettivo: così dal lontano 1988, così in ognuno dei nove album pubblicati sinora. E tra questi vi è pure il qui presente “Churches Without Saints”, anch’esso, come detto, fedele al sound sinfo-indiavolato che da sempre caratterizza la band di Koblenz; un disco che, a conti fatti, si fa preferire rispetto al precedente “The Oath Of An Iron Ritual”, sin troppo aspro e cupo nella sua malefica melodiosità. Undici brani grondanti black/thrash dal primo all’ultimo minuto, in cui la parola d’ordine che si erge sovrana da ognuno degli ‘enne’ riff stillati dalla chitarra dello stesso Infernal è una ed una soltanto: passione, autentica ed unica, che si aggiunge al divertimento di ritrovarsi in studio, bersi qualche birra e suonare insieme. Fine.
Poco più di quaranta minuti spezzacollo dove, come da rituale Desaster, bombardate thrash deflagrano imperanti sulla lava black che si insinua tra i vari pezzi. Uno stuolo malevolo e sadico guidato dalla voce ghignante di Sataniac ed accompagnato dall’eterno lavoro al basso di Odin e dal nuovo arrivato Hont, in sostituzione dello storico Tormentor (alias Stefan Huskens, già drummer degli Asphyx ed ex Sodom), un cambio che ha sicuramente giovato all’intera band. I Desaster, come da legge, non portano variazioni al tema (e non lo vogliono neppure a dire il vero), consapevoli che la loro proposta trionferà grazie a proprio a questa coerenza d’intenti.
Ed allora ecco che dopo la consueta intro sinfonica, è “Learn To Love The Void” a donarci la prima scossa luciferina; un breve riscaldamento prima della tipica mazzata in pieno volto. “Falling Trinity” arriva così, gratuita, a trapanarci le tempie, vogliosa di farci sbattere la testa ovunque: sfuriate in serie seguita da un midtempo opportunamente inserito a definire, come se ce ne fosse bisogno, il trademark Desaster. E se “Exile Is Imminent” va a puntellare di sangue le guglie della diabolica cattedrale presente in copertina, creando stacchi epicamente melodiosi e indiavolati sui quali lo schizzato “Exile” di Sataniac entra come una lama sapientemente affilata, è la titletrack a portarci sull’altro versante sonoro della band tedesca. Come l’antica “Tyrants Of Netherword” o le più recenti “Possessed And Defiled” e “At The Eclipse Of Blades”, “Churches Without Saints” si presenta come una marcia lugubre diretta dai sinistri riff di Infernal, continuamente ripresa, sontuosamente perfida. Il programma Desaster non prevede scossoni e quindi, come da copione, spetta a “Hellputa” riversarci una nuova colata di putrido thrash in salsa black punto e basta. Il progetto malefico di Infernal e compagni si protrae compatto sino alla conclusione dell’album, regalandoci comunque brani degni di nota (su tutti “Sadistic Salvation” e “Armed Architects Of Annihilation”). Una litania violenta ed armoniosa che trova la sua conclusione nell’intrigante “Aus Asche”, brano misterioso costruito sulle corde ombrose di Odin. Nel loro estremismo, i Desaster si confermano maestri del genere, rassicurando tutti coloro che si trovano in balia di sperimentazioni atmosferiche o viaggi interstellari. Onore alla trinità: black, thrash e Desaster!