7.5
- Band: DESASTER
- Durata: 00:47:17
- Disponibile dal: 04/08/2016
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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A quattro anni dall’ottimo “The Arts Of Destruction”, tornano i Desaster con la loro ottava fatica sulla lunga distanza. Abbandonato il black “puro” degli esordi, i tedeschi sono – ormai da tempo – dediti ad un black-thrash alla Aura Noir, genere che ha contribuito ad ampliare la loro fanbase. In questo nuovo “The Oath Of An Iron Ritual”, però, Infernal e Odin (unici due “superstiti” dai tempi degli esordi) sembrano aver ritrovato la loro vena più cupa e notturna, senza intaccare la componente thrash, ormai parte fondamentale del sound dei Desaster. Dopo una lugubre intro, ecco “Proclamation In Shadows” che alterna riffing tipicamente black ad una classica tirata thrash, mescolando con midtempo cupi su cui la voce di Sataniac prende il sopravvento. Così prosegue il disco, tra pezzi dove il thrash di matrice teutonica diventa preponderante (“End Of Tyranny” e “The Cleric’s Arcanum”) ed altri dove la parte più puramente black metal emerge prepotente (“Haunting Siren” e “The Denial”). Il gruppo, come dicevamo, non snatura il suo sound, mantenendo il marchio di fabbrica che da anni lo caratterizza, piuttosto sembra aver maturato un aspetto più cupo che contribuisce a rendere ancora più riuscito il risultato sonoro di questo nuovo album. Certo: i Desaster sono da anni una garanzia, riuscendo ad assestarsi, uscita dopo uscita, sempre su livelli alti con una musica che sa essere diretta e violenta ma anche in grado di creare atmosfere tetre e cupe, come nella title track che sembra (nei suoi tre minuti) un perfetto compendio dello stile della band, nel mix di buio, rabbia, crudeltà e violenza. Ma l’apice, probabilmente, arriva con l’ultimo pezzo, “At The Eclipse Of Blades”, costruito su un main riff che da solo potrebbe valere tutto il disco tanto è ispirato ed in grado di riportare ai fasti degli albori della seconda ondata black metal, dal suo inizio midtempo che si trasforma in un pezzo strepitoso, con la risata luciferina di Sataniac (ancora una volta in ottima forma) a fare da unione. Non c’è che dire, da “Angelwhore”, ormai più di dieci anni fa, ad oggi i Desaster sono una garanzia: non fate l’errore di bollarli come l’ennesima band black-thrash che compone dischi “fotocopiati”, la bravura dei quattro di Koblenz sta proprio nel riuscire a rendere nuovo e dinamico, ad ogni uscita, quello che è un genere normalmente piuttosto ripetitivo o, comunque, piuttosto impermeabile ai cambiamenti. Invece, Infernal e soci, per l’ennesima volta, riescono a creare un gran bel disco che merita sicuramente un ascolto da parte di tutti i blackster ed i thrasher.