7.0
- Band: DESERT SESSION HOME EDITION
- Durata: 01:35:22
- Disponibile dal: 27/04/2020
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Desert Session Home Edition è un collettivo nato da un’idea del fonico e produttore Riccardo Pasini (già attivo con Ephel Duath, Nero Di Marte, Postvorta, Sunpocrisy) che, in questi tempi di isolamento forzato, ha riunito circa un centinaio di musicisti dell’underground italiano, i quali, su base spontanea e a casa dal proprio PC hanno contribuito a questo progetto, i cui ricavi andranno alla Croce Rossa Italiana. Il monicker è un chiaro riferimento alle mitiche Desert Sessions che, sotto l’egida di Josh Homme, riunirono verso la fine degli anni ’90 diversi protagonisti della scena stoner in un ranch nel mezzo del deserto, per suonare e sperimentare. Questa volta il luogo di incontro non esiste, o perlomeno è solo virtuale, ma lo spirito degli artisti è quello di allora: registrare e condividere, ciascuno dalla propria abitazione, musica che permetta di esprimere la propria arte e metterla al servizio del bene comune. Il risultato dal punto di vista prettamente musicale è, invece, completamente diverso: nove lunghissimi pezzi (oltre un’ora e mezza di musica) che sembrano nati per riflettere i tempi grigi che stiamo vivendo. E’ difficile inquadrare in un genere specifico l’eccezionale mole di materiale proposto (sembra incredibile che tutto il lavoro sia stato fatto in un solo mese!): prog rock, metal, alternative, post rock, elettronica, trip hop si intersecano in ogni brano; il filo conduttore sembra essere quello della difficile condizione in cui stiamo vivendo, espressa attraverso un’atmosfera plumbea ed un umore nero, il tutto all’insegna di una sperimentazione articolata. Molte le influenze che si possono sentire: alcuni passaggi ricordano la fase prog dei Katatonia (l’iniziale “Quarantine”); nella cinematica “From Soul To Bones” l’introduzione riporta alle famosissime note della soundtrack di Twin Peaks, per poi esplodere in un crescendo morriconiano; le voci femminili hanno un sapore gothic che porta alla mente i Lacuna Coil; le parti più industrial sembrano prese da gruppi quali i Therapy? o i Godflesh (“Spleen Mlilieu”), mentre l’elettronica che permea gran parte dei brani potrebbe essere ispirata ai Chemical Brothers (il finale di “Quarantine”) o i Massive Attack più soffusi (“L’invenzione”). Per sua stessa natura, l’album è estremamente eterogeneo e la scelta di non inserire quasi mai melodie semplici rende l’ascolto faticoso ma allo stesso tempo appagante: è come se tutta questa sofferenza avesse un fine catartico, metafora di questi giorni cupi che porteranno ad un futuro migliore. Non è musica allegra, ma ostica, cruda e profonda, la difficile colonna sonora di questi giorni.