8.5
- Band: DESTROYER 666
- Durata: 00:40:11
- Disponibile dal: 02/12/2022
- Etichetta:
- Season Of Mist
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In quasi trent’anni di carriera (il primo demo, poi più volte ristampato risale al 1994)i Deströyer 666 non hanno mai sbagliato un disco: dal primo full-length “Unchain The Wolves” in poi, i lupi australiani sono stati fabbri fieri ed implacabili di una lega che unisce thrash, black e heavy metal.
“Never Surrender” arriva a sei anni dall’ottimo “Wildfire” – probabilmente il disco migliore dopo l’iconico debutto – e porta con sé l’ennesimo cambio nella tormentata line-up della band originaria di Melbourne: ad accompagnare l’inossidabile cantante e chitarrista Keith Bemrose (aka K. Warslut) troviamo ancora il bassista Felipe Plaza Kutzbach più le new entry Kev Desecrator alla batteria e Bez alle chitarre.
Il titolo è letteralmente tutto un programma, e nella sua estrema semplicità (se non banalità) si rifà direttamente agli anni ‘80, quando il metal era molto spesso anthemico e parlava in modo molto diretto all’ascoltatore. E questo ‘arrendersi mai’ appare più che mai appropriato, sia che si parli delle continue sfide che il mondo ci riserva ogni giorno, sia che si riferisca alla difficoltà di portare avanti il proprio discorso musicale in un periodo storico difficilissimo per chiunque. Musicalmente questo lavoro è Deströyer 666 al 100%, ma rispetto al suo predecessore è forse ancora più diretto con un assaggio di attitudine punk’n’roll, come dimostra in particolare il singolo “Guillotine”, un brano diretto, veloce e melodico che vi ritroverete a canticchiare praticamente dal primo ascolto (o magari superato il piccolo shock iniziale). All’incirca sulla stessa linea troviamo la title-track, un bel pezzo speed che si apre al metal classico nell’intreccio di chitarre che arricchisce il finale; anche qui c’è un’ombra hardcore-punk sul ritornello: niente paura, il tutto si amalgama molto bene assieme e queste venature non snaturano affatto il sound di K.K. Warslut e soci, che non è comunque mai stato puro o monolitico, e semplicemente lo declinano in maniera un po’ diversa, probabilmente già in un’ottica ‘live’, dove questo tipo di brani funzioneranno sicuramente molto bene.
“Andraste”, l’altro pezzo rilasciato in anteprima, abbandona i toni scanzonati e recupera le sonorità taglienti, il blackened thrash e le influenze heavy metal senza per questo abbandonare completamente quelle ‘punkeggianti’; con una scrittura più complessa, si rivela tra i brani migliori di un piatto in ogni caso molto ricco. Altro pezzo particolarmente interessante è “Mirror’s Edge”, dal sound più tradizionale, con un incedere nervoso ed incalzante ed impreziosita da un coro melodico a contrasto con la linea vocale principale, aggressiva ma comprensibile.
Non ci sono momenti inutili, i ragazzi – australiani ormai per modo di dire, infatti la band è formata da musicisti europei e cileni e vede Londra come proprio quartiere generale – confezionano un disco ispirato e ben scritto. Non è solo questione di conoscere il mestiere, Mr. Bemrose sembra essere dotato di una penna inesauribile, complice il fatto che le uscite del combo sono intelligentemente dilazionate nel tempo e svincolate dalla logica commerciale del disco nuovo ogni due anni. Evitiamo il track-by-track ma ci soffermiamo ancora sulla notevole ‘coda’ dell’album, e in particolare su “Savage Rights” e “Batavia’s Graveyard”, i due brani che mostrano il lato più epico della band e che per gusto personale si posizionano in cima nella lista dei brani più apprezzati del disco. Ambedue sono cavalcate cadenzate dai toni oscuri profondamente heavy metal, in particolare quest’ultima, che ha qualcosa dei Manowar che furono, nella costruzione e nelle linee melodiche.
In mezzo ad un mare di uscite e miriadi di nuove band che tentano di darsi un’aura di credibilità e mistero e delle quali vi dimenticherete domani, il vecchio lupo australiano ci regala un altro capitolo che coniuga metallo estremo e classico, capace di spaziare all’interno di un territorio vasto quanto ben definito, crogiolo di riff affilati come rasoi, ritmiche al fulmicotone e assoli che sono colate di puro metallo.