6.0
- Band: DESTRUCTION
- Durata: 00:49:13
- Disponibile dal: 10/11/2017
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
Spotify:
Apple Music:
Innanzitutto, perché? Perché una scelta simile? Perché ora? Perché…e basta. Una serie di quesiti tutt’ora aperta, circondata da più di un dubbio circa l’attuale forma mentis della band teutonica. E questo nonostante le spiegazioni rilasciate negli ultimi otto mesi dal buon Schmier (in pratica dal giorno in cui è stata annunciata la campagna per finanziare l’uscita dell’album), e che verranno rimarcate nell’intervista che uscirà a breve su queste pagine. Se, infatti, dal punto di vista prettamente musicale, il qui presente “Thrash Anthems II” si dimostra come un’ottima riproposizione di brani ultradatati (anche di trent’anni), molti dei quali caduti nel dimenticatoio, la decisione di replicare quanto già fatto dieci anni or sono (“Thrash Anthems I uscì nel 2007) lascia parecchio a desiderare. Dopo gli alti e bassi ottenuti dall’ultimo “Under Attack”, album modesto ma nulla più, dai Destruction ci si attendeva (e se lo aspettava inizialmente anche la Nuclear Blast) un qualcosa di diverso rispetto ad una – pur lodevole – rimessa in pista di undici pezzi prodotti a suo tempo in maniera grezza e, in alcuni casi, grossolana. Nulla da eccepire, ripetiamo, sul piano esecutivo e della resa sonora globale: brani storici come “Confused Mind”, “United By Hatred” o la stessa “Black Death” acquisiscono oggi una maggior precisione stilistica ma soprattutto una completezza strumentale che trent’anni fa era praticamente assente. Se andate, infatti, a riascoltare anche i solo i pezzi sopra citati, vi accorgerete di come la sezione ritmica era pressoché inesistente, sovrastata dalla sei corde di Mike e dagli acuti dello stesso Schmier. Rimane tuttavia assodato, come sottolineato più volte dal biondo leader della band tedesca (ed andando inconsciamente ad alimentare la fiamma del dubbio circa questa nuova pubblicazione) che se i fan preferiscono le versioni originali, non devono fare altro che riprendersi i vari “Sentenced Of Death”, “Infernal Overkill” ed “Eternal Devastation” e rimetterli tranquillamente nello stereo. Chi scrive, pur riconoscendo le migliorie di “Thrash Anthems II”, preferisce tuffarsi nel passato se non altro per una questione di coerenza: quel grezzume e quel suono rispecchiavano a conti fatti i Destruction di quel determinato periodo, oltre a testimoniare le minori possibilità tecnologiche disponibili in fase di produzione. Questione di gusti, di scelte appunto. Dovendo infine affibbiare un unico giudizio a quest’ultima ‘fatica’ teutonica, è necessario mediare tra la musica vera e propria e l’idea che sta alla base di tutto. E se le note promuovono il lavoro svolto da Schmier e compagni, non si può dire la stessa cosa in merito alla decisione che ha portato a questa seconda revisione di brani old-school. Mossa per recuperare punti persi? Può essere. Meglio ascoltarli dal vivo. Ma questa è un’altra storia.