DETHRONE – Incinerate All

Pubblicato il 03/03/2016 da
voto
7.0
  • Band: DETHRONE
  • Durata: 00:39:04
  • Disponibile dal: 22/01/2016
  • Etichetta:
  • Massacre Records
  • Distributore: Audioglobe

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“Generation Speedkill” cantavano i Soilwork in “The Chainheart Machine” del 2000, periodo di auge del thrash/death svedese di cui la band di Bjorn “Speed” Strid era all’epoca una delle compagini leader. Alcuni indizi fanno ritenere che in questo 2016 stia arrivando una nuova ondata di ‘Speedkillers’ e le avvisaglie più promettenti le rintracciamo proprio nel secondo album dei Dethrone, “Incinerate All”, rilasciato a tre anni di distanza dall’esordio “Humanity”. Trascorsi due minuti dell’opener “Reborn In Fire” si percepisce distintamente un fragrante deja-vu, il ricordo di quelle farfalle nello stomaco che solo intense emozioni giovanili sanno provocare. Le analogie sono coi The Crown di “Deathrace King” e dei dischi successivi, portate alla luce da un incrocio bastardo di thrash ignorante, swedish death riesumante il tipico ‘effetto motosega’ nel suono di chitarra, pulsioni crust/d-beat genuinamente scandinave. E poi groove, groove e ancora groove, trainato da un basso svettante nel mix e pochi, devastanti, pattern di batteria, equamente divisi fra mid-tempo cingolati e aperture battenti dove Simon Lundh pesta testardo, senza cercare grande dinamismo o fantasiose variazioni, solo lo sbriciolamento delle vostre teste. In questo profilo ostile e incompromissorio, dove si guadagnano fette di citazioni i dioscuri del metallo tamarro d’oltremanica a nome Stampin’ Ground e Raging Speedhorn, la melodia ha comunque la sua importanza. Si arriva sempre al punto, lungo le dieci tracce del disco, di assistere a una svolta in senso catchy, tramite iniezioni di melodic death o giri rock’n’roll, doppiati infine da fulminanti assoli cristallini. La strafottente bastardaggine della voce dà l’assist definitivo per provocare genuini istanti di esaltazione adolescenziale, in questi casi anche i metaller più navigati finiscono per perdere i freni inibitori ed essere travolti da mareggiate di euforia da teenager, come magari non capitava di sentirsene addosso da tempo immemore. L’unico limite di un disco fresco, godibilissimo e carico di passione è l’oggettiva mancanza di alternative a un metodo di scrittura inalterato dalla prima all’ultima nota. Infatti, se la compattezza della tracklist permette di non tirare mai il fiato, al di fuori di alcune differenze nelle metriche dei refrain e in alcuni stacchi non si percepiscono grossi scossoni e cambi d’umore tra, per esempio, una “Spiritual Deception” e una “Failure”. In definitiva, pare di ascoltare una maxi-composizione di circa trentanove minuti, con il rischio di non sentire in circolo la stessa adrenalina nel tratto finale, nonostante l’ispirazione dei singoli episodi non vada affatto precipitando. Se seguite con attenzione certi suoni viscerali dei tardi Anni ’90 e siete impazziti dalla gioia alla notizia del ritorno sulle scene dei The Crown, questo “Incinerate All” vi darà in ogni caso grosse soddisfazioni.

TRACKLIST

  1. Reborn in Fire
  2. The Plague Carrier
  3. Rat King
  4. Morbid Existence
  5. Spiritual Deception
  6. Where Darkness Dwells
  7. I Am God
  8. Failure
  9. Dawn of Demise
  10. The Inevitable End
2 commenti
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