7.5
- Band: DEVANGELIC
- Durata: 00:39:10
- Disponibile dal: 07/04/2023
- Etichetta:
- Willowtip Records
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Al secondo disco per Willowtip, i Devangelic confermano la svolta avviata dal precedente “Ersetu” (2020) e la volontà di prendere un po’ le distanze dallo stile opprimente e totalmente gutturale degli esordi, abbracciando un suono più dinamico e impattante che qualcuno potrebbe vedere come un mix fra ultimi Antropofagus, Hate Eternal e (soprattutto) Nile del periodo d’oro sotto Relapse. Non che il quartetto guidato dalla sei corde di Mario Giambattista (Vulvectomy, Corpsefucking Art) abbia voluto rinnegare il proprio passato o alleggerire chissà quanto una proposta che – in virtù dei nomi fatti – resta comunque brutale e senza compromessi, ma il ‘salto’, almeno se esaminato da un orecchio esperto e attento, dovrebbe essere lampante, così come la progressione dal punto di vista tecnico che ne accompagna la parabola a terra.
Confezionato dal ‘solito’ Stefano Morabito negli ormai famigerati 16th Cellar Studios di Roma (Decrepit Birth, Fleshgod Apocalypse, Hour of Penance e mille altri), “Xul” si presenta bene fin dal suggestivo artwork dal retrogusto di maledizioni sumeriche e sabbie millenarie, e nell’arco di quaranta minuti ci mostra una band che, studiata a fondo la lezione dei maestri, brama di mettersi alla prova con vere e proprie canzoni, piuttosto che con un’insalata – magari anche gustosa, come del resto dimostrato in passato – di riff e blast beat. Brani che respirano maggiormente senza il bisogno di avvitarsi ogni due per tre su loro stessi o di sciorinare cambi di tempo a mo’ di flusso di coscienza, con un pizzico di melodia e varietà ritmica a rendere più fruibile un insieme che comunque, vista anche la vocalità abominevole di Paolo Chiti, non molla praticamente mai la presa, salvo nel caso della strumentale etnica “Hymn of Savage Cannibalism”.
Un passo necessario a questo punto della carriera e, come detto, non compiuto dall’oggi al domani, il quale ribadisce l’inclinazione dei Devangelic a migliorarsi e a puntare in alto senza la pretesa di reinventare la ruota del genere, in un flusso magari non ancora efficace e personale come quello di altre istituzioni nostrane, ma indubbiamente rifinito e ben bilanciato fra assalti serratissimi, cadenze galoppanti e vere e proprie digressioni in midtempo (si senta la malefica “Udug-Hul Incantation”). A conti fatti, ciò che nel 2023 impedisce la piena consacrazione del gruppo è una vena catchy non sempre irresistibile, una sporadica incertezza a lasciarsi andare con convinzione a trame snelle e pimpanti, ma la strada battuta da “Xul” si conferma essere quella giusta; insistendo su questo approccio e incorporando meglio le derive citazioniste (alcuni omaggi ai Nile sono troppo evidenti per convincerci a chiudere un occhio), i Nostri hanno tutte le carte in regola per consegnare al pubblico death metal il loro vero capolavoro. Già così, comunque, l’ennesimo ottimo ritorno da parte di una realtà meticolosa e preparata.