8.0
- Band: DEVENIAL VERDICT
- Durata: 00:51:24
- Disponibile dal: 04/10/2024
- Etichetta:
- Transcending Obscurity
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Da ormai diversi anni, la scena death metal è ormai così inflazionata che, per poter emergere, è necessario mostrare delle doti fuori dal comune; per questo motivo, alcune band prendono la strada della brutalità, portando all’estremo la crudezza della loro musica, mentre altre optano per un approccio più avant-garde, privilegiando la tecnica o l’atmosfera. Il livello di conseguenza si eleva, e solamente chi possiede qualità ed idee solide riesce ad avere il sopravvento: i Devenial Verdict, per fortuna, fanno parte di questa categoria.
Nati ad Helsinki come quartetto nel 2006, i finnici pubblicano due demo, faticano a trovare una formazione stabile fino al 2012 e, una volta raggiunto questo equilibrio, danno vita a due EP. Probabilmente, però, qualcosa doveva essere ancora sistemato all’interno del gruppo, tanto che l’esordio su lunga distanza arriva diverso tempo dopo, nel 2022, con “Ash Blind”, album che riceve ottime recensioni grazie ad una proposta originale e fuori dagli schemi.
Il nuovo “Blessing Of Despair”, per il quale le aspettative erano ovviamente elevate, si muove nella stessa direzione, ossia quella di un death metal che combina alla perfezione dissonanze ed atmosfera, lavorando sulla profondità e sulle sfumature, per forgiare un suono ancor più profondo e carico di tensione. In particolare, colpisce la capacità di alternare con profitto sfuriate e momenti di angosciante attesa, con le chitarre che si sdoppiano tra riff sferzanti e melodie acute e squillanti, in un gioco tra vuoti e pieni che costituisce l’elemento portante di molti brani.
Il paragone che viene più spontaneo, e che da molti è già stato fatto, è quello con gli Ulcerate, per il tocco visionario e la capacità di disegnare scenari apocalittici, ma i Devenial Verdict non sono meri imitatori, e nella loro musica troviamo anche le strutture irregolari dei Gojira, gli incubi e la cripticità dei Blut Aus Nord e, non da ultimo, un approccio coraggioso che denota intraprendenza e padronanza dei propri mezzi.
La somma di tutte queste influenze, elaborate con la giusta personalità, è una manciata di brani versatili e stratificati, che passano con naturalezza da una rabbia devastante ad una calma sinistra, con frequenti pause che ci permettono di digerire la complessità della proposta.
Che le ambizioni siano altissime si intuisce già da “I Have Become The Sun”, un pezzo che concilia aggressività ed un andamento sincopato sottolineato da linee di basso rigorose ed arpeggi ripetuti, a creare uno stato di turbolenta ipnosi. Con “Moon-Starved” il ritmo cala ma l’intensità aumenta, tra oscuri ricami e passaggi prog mai fini a se stessi, mentre “Garden Of Eyes” è un assalto ai nostri sensi con un assolo in stile Obscura nella parte finale. “Solus” è l’esempio più concreto di come la musica dei nordici riesca ad imboccare sempre le vie più inaspettate, con sfuriate che, senza preavviso alcuno, si stemperano in intermezzi ambient o vagamente psichedelici; le note lamentose di “Cold Lantern” sono invece un tuffo nella pazzia più profonda e disperata.
A completare l’opera, l’ennesima copertina strabiliante del compianto Mariusz Lewandowski, riconoscibile nel suo stile e riflesso ideale di un album che è allo stesso modo fragile ed inquietante.