7.5
- Band: DEVIATE DAMAEN
- Durata: 01:13:30
- Disponibile dal: 11/10/2019
- Etichetta: Masked Dead Records
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Se la decostruzione totale era la chiave compositiva del precedente e controverso “Retro-marsch Kiss”, è evidente che i Deviate Damaen dovevano osare ancora di più, per cercare di mantenere vivo l’effetto shock della loro proposta. E nella lotta contro il conformismo o l’arte ammantata di genio e farsa insieme, ossia la direzione musical-spirituale scelta dai Deviate Damaen, quale provocazione migliore di un relativo ritorno alla forma canzone? Certo, ‘relativo’ è aggettivo fondamentale perché i brani qui presenti non sono certo retti dalla sacra triade basso-chitarra-batteria; sono paesaggi sonori e più spesso rumoristici, talvolta retti quasi solo dall’intreccio delle linee vocali, tuttavia con una forte identità individuale. Il risultato è un album che, se avevate perplessità sui loro precedenti esiti, potete anche tralasciare direttamente; se invece volete vedere fino a dove si può spingere la provocazione intellettuale e la depravazione sonora, preparatevi a oltre un’ora di invettive, disprezzo, chiamata alle armi per spiriti puri, alle soglie del doloroso e dell’estenuante. Le posizioni politiche della band sono note e rivendicate, e taluni passaggi degni di proclami superomistici ci paiono, francamente, opinabili e causa di riso quanto le posizioni globaliste e ‘buoniste’ che i Deviate Damaen aborrono. Ma questo nulla toglie alla forza espressiva di un lavoro che, a ben vedere, si esprime spesso con la violenza sonora tipica del metal estremo in diverse tracce (“Tethrus”, l’esplicita “Sacre Gesta Cavalcano Il Metallo” o il reprise di “Font Near The Ossuary”), ma che poteva tranquillamente scavalcare la soglia del ‘non solo metal’ per la sua eterogeneità. Perché “In Sanctitate, Benignitatis Non Miseretur!” è Teatro dell’assurdo, con tanto di dimensione escatologica e merda gettata addosso al mondo, è Teatro del dolore, catartico e spaventoso, è cupa esplorazione post-punk (“Aspetterò L’Altrove”), con il solo fil rouge del porsi su un palcoscenico a esprimersi in libertà; con cattiveria, sperimentazione e stratificazioni che passano da Foscolo a Papini, dal Rolandslied a insulti in napoletano. Inevitabilmente, ci sono passaggi difficili da digerire e altri anche un po’ ingenui, ma di certo non è un lavoro che può lasciare indifferenti.