4.0
- Band: DEVIATE DAMAEN
- Durata: 01:35:12
- Disponibile dal: 11/02/2015
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La sperimentazione è il cuore stesso della musica e, in senso lato, di ogni forma d’arte. Chi si avventura in terreni inesplorati, spesso sa di relegarsi in una zona buia che porterà a risultati imprevedibili e molto spesso a critiche, perché ciò che non viene compreso, viene attaccato. Nella musica metal, questo è successo con la nascita della NWOBHM, con la Bay Area, con i primi gruppi estremi (i “soliti” Celtic Frost, Venom e Bathory), con il death ed il black. Tutto con clamorose cantonate, come chi, all’iniziò, stroncò proprio il black metal, bollandolo come qualcosa di effimero e, in ultima analisi, mal suonato e mal prodotto, non capendo così la portata del fenomeno che stava nascendo. Ovviamente tutto ciò non è avvenuto solo nel metal ed esistono esempi simili in quasi ogni genere musicale (si potrebbero citare i Genesis o i Doors); purtroppo, però, la sperimentazione, a volte, è davvero quello che appare di primo acchito ed un lavoro che cerchi solo di stupire, getta discredito su un intero approccio artistico. Questa lunga premessa per dire subito quello che pensiamo di questo lavoro dei Deviate Damaen: raramente, per non dire mai, ci siamo trovati ad ascoltare un simile guazzabuglio sonoro. Questa non è sperimentazione, non è avanguardia e non è genialità. Questo è nulla pretenzioso, rumore (molto) e musica (poca); un’opera che rasenta l’offensivo per tutti gli artisti che scelgono, seriamente, di sperimentare; una presa per il culo per chiunque dedichi il suo tempo ad ascoltare questa accozzaglia di generi, effetti, campioni e voci. Non è sioccante e non è inquietante; se l’intento è di provocare inquietudine o stupore, il fallimento è colossale. Ma non avremmo tutta questa acredine se “Retro-Marsch Kiss” fosse solo un brutto disco, come ce ne sono tanti. Questa uscita dei Deviate Damaen è dannosa, perché getta discredito su tutto l’avanguardismo musicale. Questi signori non sono Diamanda Galas, non sono Merzbow o Lustmord. Non sono i Brighter Death Now o Hieronymus Bosch. Non sono gli Einstürzende Neubauten o Monte Cazazza. Non sono nessuno. E lo diciamo con forza, perché esiste una sorta di sudditanza verso questa band; difficilmente sentirete qualcuno parlarne male ed il motivo è semplice: stupire è semplice ed atteggiarsi ad una sorta di collettivo misterioso di musicisti, tende a creare un’aura di “perla” dell’underground. La musica? Un mix di ambient ed elettronica con cantati e recitati, qualche chitarra e un po’ di basi. Le poche volte che i Deviate Damaen suonano, dimostrano di non esserne particolarmente capaci e cercano di “mascherarlo” con effetti, filtri e distorsioni. E’ difficile fare un’analisi musicale di questo doppio disco, perché non c’è una linea chiara che venga mantenuta per almeno una traccia: darkwave, gothic metal, noise, industrial e new wave ottantiana. Diciamo che potremmo parlare di un mix tra Monumentum, Canaan e Weltschmerz (e non ce ne voglia chi è coinvolto in questi progetti che hanno ben altro spessore), ma senza la vena cupa e malinconica tipica di queste band, sostituita qui da una sorta di black humor e provocazione (più o meno riuscita) sulla falsariga di band come gli Afterhours. Vogliamo chiudere dicendo che, forse, siamo noi a non essere all’altezza della proposta musicale dei Deviate Damaen, a non coglierne la genialità anche se ben conosciamo le sonorità più estreme e gli approcci musicali più sperimentali e crediamo di aver imparato che il confine tra avanguardia e caos insensato è labile: se si sceglie un certo approccio musicale, bisogna stare attenti a non sorpassarlo mai o – peggio ancora – sorpassarlo rendendosene conto, ma reputano gli ascoltatori degli imbecilli che si berranno qualunque intruglio, purchè puzzi di sperimentale. Bisogna essere Lucio Fontana per fare di un taglio su una tela un’ opera d’arte.