6.5
- Band: DEVILDRIVER
- Durata: 00:39:11
- Disponibile dal: 02/10/2020
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
L’incarnazione 2.0 dei Devildriver, quella dopo il pesante rimaneggiamento di “Trust No One” per intenderci, continua spedita la sua corsa sotto l’ala protettrice di Napalm Records. La guida del mastermind Dez Fafara è ultimamente un po’ spericolata: tralasciando le avventure imprenditoriali note (Oracle Management e Suncult) e meno note (la tentata attività di booking agent/organizzatore di eventi), dal già citato cambio di line-up alla pubblicazione di un disco di cover a questo nuovo capitolo discografico, di sicuro c’è molta carne al fuoco. Quando però “Outlaws ‘Til The End” e questo “Dealing With Demons” hanno entrambi la dicitura “Vol.1” forse un po’ di selezione sarebbe importante farla, soprattutto perché dopo la ripartenza di “Trust No One” – album dignitoso ma che ha avuto vita breve negli ascolti di chi scrive – c’era bisogno di rivitalizzare il brand espandendo il suono e mettendo nuove carte in tavola. Questo disco ha brani solidi e buone intuizioni, ma soffre tremendamente di alti e bassi. Di primo acchito la scelta di spostarsi verso tempi più lenti andrà sicuramente a deludere i fan della vecchia scuola, ma quando a questa si abbina l’accentuata vena melodica del frontman e del chitarrista storico Mike Spretzer (unico asso nella manica rimasto a Dez) i risultati sono notevoli: di fatto si va oltre agli arpeggi vincenti diventati marchio di fabbrica del gruppo, c’è un uso sfrontato della melodia che arriva al picco in “Nest Of Vipers” e “Wishing”, dove salgono rispettivamente sul trono Spretzer e una linea melodica chitarristica di ispirazione svedese e Fafara che si abbandona a clean vocals ben riuscite. Ci sono anche dei bei rimandi ai Devildriver che furono ovviamente, quelli delle twin guitars (“Keep Away From Me”) e degli inni da circle-pit (“Witches”), ma sembra che gli episodi migliori siano inframezzati da brani che non funzionano del tutto, troppo anonimi o già sentiti (“Iona”, “You Gave Me A Reason To Drink”, “The Damned Don’t Cry”). Con un secondo capitolo in uscita nel 2021, quindi sostanzialmente già pronto, la domanda nasce spontanea: perché non condensare tutto in una singola eccellente raccolta? Vedremo l’anno prossimo se il secondo capitolo potrà rivalutare, in prospettiva, questo volume. Al momento non siamo particolarmente convinti.