7.5
- Band: DEVILDRIVER
- Durata: 41:43:00
- Disponibile dal: 31/10/2003
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Universal
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Credo tutti abbiate presente, nel bene e soprattutto nel male, chi siano (erano?) i Coal Chamber, forse il gruppo più sottovalutato e sbeffeggiato dell’intera scena nu-metal, bollato troppo frettolosamente con il marchio di “band-clone dei Korn”, subito dopo l’uscita (e il conseguente successo commerciale) del debut-album e totalmente snobbato quando, con “Chamber Music” e “Dark Days”, il quartetto ha tentato di andare oltre certi stereotipi, spesso impossibili da sconfiggere…ebbene, Dez Fafara è (era?) il cantante del suddetto gruppo e, sorpresa delle sorprese, lo si ritrova in veste di vocalist anche nei qui recensiti Devildriver! La parola d’ordine per entrare nel sulfureo mondo dei Devildriver (termine che indica i campanellini con i quali le streghe attiravano il Diavolo, affinché presenziasse ai loro sabba) è: scordate – ripeto: SCORDATE!! – il nu-metal da baraccone che il solo sentir nominare Fafara potrebbe farvi venire in mente. In questo disco, infatti, troverete ben altro: pesantezza estrema innanzitutto, causata da una produzione assassina, ad opera di un Ross Hogarth in forma superba, e da un sound devastante e massiccio, ottimamente in grado di convogliare influenze classico-antiche (Slayer, Morbid Angel, per non sfociare anche nel black) e ovvi richiami alle ritmiche terremotanti dei gruppi nu più violenti (Mudvayne in primis) in un pentolone musicale che schiuma rabbia e nichilismo da ogni nota; secondo punto, le canzoni: forse leggermente carenti in varietà e troppo omogenee, sono comunque delle schegge impazzite, sfuggenti a qualsiasi tipo di controllo, con l’opener “Nothing’s Wrong?” in grado di annichilire anche il più scafato death metaller, la seguente “I Could Care Less”, scelta come singolo, in possesso di un motivetto di chitarra tanto inquietante quanto penetrante, e “Die (And Die Now)”, le cui derive black sono più che evidenti; le restanti tracce non permettono assolutamente di abbassare il livello di guardia, mostrando un approccio aggressivo e brutale, mantenuto costante e intervallato solo da qualche sbalzo ritmico a metà strada tra Fear Factory e i già nominati Mudvayne (ascoltare in merito “Knee Deep”); terzo ed ultimo appunto, la performance della band: Dez Fafara è praticamente perfetto, il suo growl digrignante e feroce farebbe invidia a molti colleghi più considerati di lui, e il lavoro dei suoi compari non presenta sbavature di alcun tipo. Poco importa, considerata l’alta resa tecnica del prodotto in questione, se i riff sono sempre quelli e l’originalità non è certo nata in casa Devildriver, in quanto questo disco va visto come sfogo purificatore di un’anima frustrata e delusa, vogliosa di esternare il suo lato più minaccioso e metallico. La Roadrunner è ormai specializzata in questo genere di pubblicazioni, a cavallo tra antico e moderno, prodotte tutte in modo eccezionale e presentanti band sempre degne d’interesse. Davvero impossibile bocciare questo disco, piccola meraviglia di metallo estremo a tutto tondo. 7½ e applausi meritati!