5.0
- Band: DEVILINSIDE
- Durata: 00:49:01
- Disponibile dal: 23/08/2004
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Self
Spotify:
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Nulla di speciale. Davvero niente di emozionante. Fra la marea di gruppi metal-core che stanno emergendo in continuazione dal tumultuoso oceano dell’underground, i qui recensiti Devilinside dicono sinceramente pochissimo: nati da una costola dei Disembodied, dai quali provengono il drummer Joel Andersen ed il chitarrista Tony Byron, i quattro di Minneapolis tentano, con il loro primo “Volume One”, di gettare benzina sul fuoco della già calda scena metal-core; peccato, però, che l’amara realtà veda i Devilinside sorpassati a destra e a manca da formazioni almeno il doppio più brave e convincenti. La musica che il combo yankee propone presenta pochissimi barlumi d’originalità, del tutto vanificati da scelte a dir poco spiazzanti, fra le quali la prima da citare è senza dubbio quella di inserire, su ventitré brani, ben undici (!!) strumentali… e il problema non sta nella quantità, bensì nella qualità: “Batan”, “Glass”, “Vodkalung”, “New Year’s Day” e qualche altro sono semplicissime ed inutilissime composizioni costruite senza vigore, senza logica, un paio di riff messi a caso e via, ecco pronta la traccia! Inspiegabile. Si salvano solo “Canyons” e “Transition In E Minor”, cammeo acustici perlomeno carini. Il quartetto risolleva ovviamente la testa con i brani completi, in cui mostra una decente cattiveria e buona padronanza di mezzi, pur denotando carenze creative quasi preoccupanti. Il continuo utilizzo di filtri ed effetti vocali da parte del singer Jaime Gonzales contribuisce al rapido affievolirsi dell’attenzione del fruitore di turno, sebbene le scariche metal distribuite dai Devilinside, condite da un feroce piglio hardcore, siano tutt’altro che morbide; e non serve neanche l’inserimento di un paio di chorus puliti, purtroppo, a movimentare la situazione. L’impatto d’insieme che genera questo “Volume One”, si potrebbe dire, ricorda da vicino quello degli ultimi dischi dei Sepultura: un debole e soporifero miscuglio, senza mordente e convinzione, che ci fa domandare come la Century Media, solitamente sinonimo di garanzia, abbia potuto reclutare tale band. Una bella delusione.