7.5
- Band: DEVIN TOWNSEND
- Durata: 00:56:24
- Disponibile dal: 04/11/2022
- Etichetta:
- Inside Out
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Devin Townsend ha l’abitudine di assegnare un colore primario ai suoi album, una tonalità che ne rappresenti le atmosfere e che faccia da filo conduttore nella scelta del materiale, frutto della sua instancabile creatività. Questo metodo di lavoro era stato parzialmente sconfessato ai tempi di “Empath”, un’esplosione di colori semplicemente impossibile da racchiudere in una palette armoniosa: “Empath” lasciava senza fiato, canzone dopo canzone, mescolando le carte in tavola e ponendo il sigillo su uno dei migliori album solisti dell’intera carriera di Devin. Anche il nuovo “Lightwork” ha messo alla prova la ricerca cromatica di Devin, ma questa volta per i motivi diametralmente opposti al suo predecessore. Figlio di un momento difficile nella vita stessa di Devin, “Lightwork” inizialmente era privo di colore: la pandemia, il blocco delle attività dal vivo ed il raggiungimento della soglia dei cinquant’anni hanno reso le sessioni di scrittura di Devin molto riflessive, intime, e tutto questo si è riflesso nelle nuove composizioni, che pian piano hanno preso forma dalla nebbia incolore iniziale, abbracciando poi il verde e l’azzurro del mare. Nasce così l’immagine del faro, portatore di luce, che guida le navi nella notte e nella tempesta: la musica è il faro di Devin e “Lightwork” vuole rappresentare un appiglio in questo momento storico di grande incertezza.
Come accade praticamente per ogni uscita di Devin, sarebbe sbagliato affrettare il giudizio dopo pochi ascolti: chi vi scrive ha avuto modo di passare diverso tempo su “Lightwork” e il nostro giudizio si è evoluto nel tempo. Inizialmente, non ci vergogniamo a dirlo, il nuovo album di Devin ci è parso un mezzo passo falso: troppo lineare rispetto a quello a cui siamo abituati ed un’atmosfera generalmente quieta, che quasi fatichiamo ad inserire sui binari di ciò che chiamiamo comunemente metal. Avevamo torto, ed è bastato perseverare negli ascolti perchè “Lightwork” si insinuasse lentamente sotto la nostra pelle, tirando fuori il genio di Devin, che da vero artista non si limita a ripetere ciò che la gente si aspetta da lui, ma lascia semplicemente emergere la sua personalità seguendo l’ispirazione del momento.
A dispetto di una apparente linearità, l’ascolto di “Lightwork” rende presto evidenti le numerosissime sfumature inserite nelle tracce dal musicista canadese: abbiamo, quindi, “Moonpeople”, perfetto biglietto da visita con il suo andamento a là Muse; troviamo maestose composizioni celestiali, che rispolverano il lato più epico di Devin (“Lightworker” e “Celestial Signals”); e non mancano nemmeno i momenti più spinti, in cui la voce del cantante si scurisce, per tornare a graffiare, accompagnato da chitarre più tese e martellanti (“Dimensions”). E se tutto questo ancora non bastasse, a chiudere il disco troviamo prima “Vacation”, una curiosa e leggera composizione il cui senso è racchiuso tutto nel titolo, nell’atmosfera di una vacanza in famiglia, senza grosse pretese se non il piacere di esserci e godersela; e poi “Children Of God”, in cui torna quella ricchezza sonora che ci aveva conquistato in “Empath” e che non è affatto scomparsa, ma solo meno sfacciata. Ed è proprio questo il grande merito di “Lightwork”: essere in grado di restituire all’ascoltatore una miriade di sfumature, senza doverle urlare, senza quella ricerca dello stupore, dell’uscita ad effetto, che invece era al centro del precedente “Empath”. Difficile trovare un ipotetico vincitore: si tratta di lavori diversissimi e complementari, che abbiamo apprezzato per motivi diametralmente opposti. Forse ad oggi ci viene da dire che il campo da gioco ideale di Devin sia comunque quello più ricco, l’unico capace di tenere il passo con la creatività debordante dell’artista, eppure sarebbe un errore considerare “Lightwork” come un lavoro meno ispirato. Questo disco fotografa perfettamente lo stato d’animo attuale del suo autore e sarà molto interessante vedere come questa fase verrà assimilata nei live della prossima primavera e, soprattutto, sui prossimi passi nella carriera del musicista. Si tratterà di una parentesi o di un bivio verso una direzione ancora nuova ed inesplorata? Per nostra fortuna niente è già scritto quando si parla di Devin. Intanto godiamoci questo viaggio: comunque vada, avremo sempre un faro a guidarci verso la salvezza.