7.0
- Band: DEVIN TOWNSEND
- Durata: 00:44:01
- Disponibile dal: 25/10/2024
- Etichetta:
- Inside Out
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Le creatività incontenibile di Devin Townsend ha trovato, nel corso degli anni, tante forme e colori. Strapping Young Lad, The Devin Townsend Project, i Casualties of Cool, i dischi ambient, fino, naturalmente alla sua lunga e mutevole carriera solista. Dopo il disco pandemico, “Lightwork”, eravamo convinti che il prossimo capitolo in studio della storia di Devin sarebbe stato “The Moth”, il progetto orchestrale a cui l’artista canadese sta lavorando da anni. Invece, un po’ a sorpresa ci siamo trovati fra le mani, “PowerNerd”, un disco completamente diverso, che sembra nascere da un impulso creativo anomalo.
Devin, forse proprio per staccare dalla cura maniacale che sta applicando a “The Moth”, ha deciso coscientemente di scrivere un disco di getto, rinunciando (in parte) a quella miriade di stratificazioni che caratterizzano il suo sound, per gettarsi in modo liberatorio in un disco più semplice e immediato. La title-track, in questo senso, è un biglietto da visita perfetto: un brano diretto, che definiremmo tranquillamente hard rock, su cui viene applicato il classico sound di Devin Townsend. Funziona? Eccome. E se l’intero disco fosse stato scritto sulla falsariga di questa prima canzone, ancora una volta Devin ci avrebbe fregato, sparigliando le carte in tavola senza mai perdere la bussola.
Invece “PowerNerd”, traccia dopo traccia, fa un percorso un po’ strano, come se fosse incapace, in fondo, di lasciarsi andare a briglia sciolta. “Falling Apart” e “Ubelia”, ad esempio, riabbracciano lo stile arioso e maestoso del passato recente di Townsend, così come l’ottima “Gratitude”. Questa non è necessariamente una critica: proprio “Gratitude” si candida tranquillamente tra i brani migliori del disco, eppure, proprio quando Devin rientra quasi inconsciamente nella sua comfort zone, ci sembra che qualcosa si inceppi nell’intero progetto.
La voluta immediatezza dell’album, scritto in soli undici giorni, trova il suo compimento nei brani più veloci, ma nei momenti più epici e grandiosi, questa scelta si rivela un’arma a doppio taglio, trasformando il tutto non tanto in un disco diretto ed energico, quanto piuttosto ad un normale album di Devin, solo meno rifinito del solito.
Poi è chiaro, per un fuoriclasse come lui non è affatto difficile scrivere delle canzoni di valore e in “PowerNerd” ce ne sono diverse, dalla già citata “Gratitude”, fino a “Glacier”, che parte come un monolite, si fa sognante e delicata e poi si apre fino a diventare ancora più gigantesca. Eppure, sotto sotto, ci resta la sensazione di un disco che non è riuscito davvero a mantenere ciò che prometteva, fermandosi a metà strada. A questo punto, allora, meglio un pezzo come “Ruby Quaker”, una sorte di stramba ode al caffè, che mescola country, coretti in falsetto, e passaggi di caos totale. Sarà pure una follia senza senso, eppure lì sì che sentiamo quella totale e fanciullesca libertà che ci aspettavamo.
“PowerNerd”, comunque, è solo un tassello, l’ennesimo, all”interno di in un percorso che contiene innumerevoli personalità artistiche. Mentre scriviamo queste righe, Devin ha già annunciato di avere non solo completato “The Moth”, ma anche un terzo disco, intitolato “Axolotl” e descritto come una stranezza aliena. Siamo più che certi che Devin riuscirà a stupirci ancora a lungo e che questo, a conti fatti, sia semplicemente un capitolo meno brillante del solito, in una discografia sterminata.