6.5
- Band: DEVS MORTVORVM
- Durata: 00:34:40
- Disponibile dal: 06/06/2025
- Etichetta:
- Apocalyptic Productions
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Debuttano su Apocalyptic Productions i cileni Devs Mortvorvm, anche se già dalle foto distribuite è evidente non si tratti di novellini, visto che si notano diversi capelli e barbe brizzolate.
In Sudamerica il mercato metal vive una dimensione tutta sua – non è certo una novità – con una sorta di mercato parallelo e una marea di gruppi che ottengono anche grande successo nel proprio continente ma che, esclusi alcuni nomi, difficilmente si affacciano sul mercato europeo. I Devs Mortvorvm sembrano avere un certo curriculum attivo, facendo comunque tutti parte di altre realtà musicali, ma ci pare che l’unica di un certo rilievo siano i doomsters Poema Arcanvs che ogni tanto compaiono anche su label non strettamente oltreoceano.
Amenità geografiche a parte, i Poema Arcanvs possono essere un collegamento utile per descrivere i cinque pezzi di questo EP “The Oldest Crypt”, visto che si tratta grossomodo dello stesso genere, ovvero doom/death. Se però nei primi i riferimenti sono il doom inglese dei primi Novanta e c’è stato posto, nel tempo, per una maggiore varietà stilistica, i Devs Mortvorvm si concentrano su un modello davvero specifico, ovvero i primi album dei finlandesi Hooded Menace (quando della voce si occupava Lasse Pyykkö, ora solo chitarrista). Siamo quindi in territori più vicini ad Asphyx, primi Solothus o Coffins: voce decisamente cavernosa e strutture relativamente fisse, con pochi cambi di tempo e in generale un’atmosfera mortifera e catacombale.
La produzione in questo senso aiuta molto, visto che la voce gorgogliante di Claudio Carrasco, i suoni ovattati della batteria e quelli grezzi delle chitarre completano perfettamente un’idea di doom/death primitivo e soffocante. Restano, a rafforzare il collegamento citato con gli Hooded Menace, le lead di chitarra squillanti e sinistre, in definitiva l’unico punto di respiro per l’ascoltatore.
L’EP è composto da cinque tracce, quattro in studio e la riproposizione di “Orgy In The Graveyard” in versione live; i brani sono tutti tra i sei e i sette minuti e, se questo offre un prodotto fisico di valore quantitativo (trentancinque minuti complessivi), qualitativamente invece non è tutto perfetto: l’atmosfera macabra e tombale è sì interessante, ma le canzoni non sono strutturalmente molto varie e tendono ad assomigliarsi un po’ tutte.
I più volte citati Hooded Menace sono stati in grado, in quei due capolavori chiamati “Fulfill The Curse” e “Never Cross The Dead”, di arrangiare in modo più fine le composizioni, aspetto che ai Devs Mortvorvm sembra per ora non interessare più di tanto: non a caso coverizzano “Acid Orgy” dei Goatlord, sicuramente non una band ricordata per la finezza del sound.
Tornando ai nostri, di sicuro in “The Oldest Crypt” sono coerenti fino alla fine (anche in sede di moniker e artwork, emule di quelli firmati da Mark Riddick), ma secondo noi dovranno affinare però le loro capacità per dire ancora la loro in futuro in un mercato così affollato.