8.0
- Band: DEWFALL
- Durata: 00:4759
- Disponibile dal: 29/11/2024
- Etichetta:
- Naturmacht Productions
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Terzo disco per i Dewfall, band magari non prolifica, visto il passo cadenzato nella produzione di dischi (il terzo in circa vent’anni di attività, e quindici dal debut), ma che sa bilanciare lo spazio tra un album e l’altro portando ogni volta lavori pregevole fattura.
I pugliesi tornano con un disco maturo (non che il precedente, ottimo, “Hermeticus” non lo fosse del resto) e minuziosamente attento ai particolari, aggressivo, violento, ma pure estremamente melodico; epico e maestoso ma anche ruvido e ben saldo all’espressività che un album black-death metal deve avere.
“Landhaskur” è un lavoro che cresce molto con gli ascolti: all’inizio può ingannare e apparire ‘solo’ un gran bel disco di metal estremo, ma poi aumenta la propria intensità, si fa strada nell’ascoltatore, torna alla mente ora sottoforma di uno dei tanti riff di chitarra, ora di una linea vocale (molto buono sia lo scream ma anche alcuni momenti lirici ad opera di Flavio Paterno e Vittorio Bilanzuolo). In generale siamo di fronte ad un pugno di canzoni in cui la matrice (pagan) death e black viene rimestata ad opera di una musicalità prettamente heavy metal, propriamente insita nel progetto (che nasce come band heavy di versante maideniano, del resto, con il solo chitarrista e compositore Flavio Paterno al timone sin dai tempi della fondazione), capace di riportarci alla mente a volte i Bathory più epici, altre volte nomi quali Dissection o anche alcuni act di black metal europeo degli ultimi dieci anni.
Il risultato sono una cinquantina di minuti snelli ma non leggeri, che non nascondono una drammaticità molto sanguigna e mediterranea, trasudanti passione e genuinità, e al tempo stesso capaci di far percepire quanto ogni dettaglio e ogni suono sia stato studiato e concepito con esperienza, cognizione di causa e talento.
Una volta tanto, l’aspetto concettuale è importante e interessante quanto quella musicale e sa di studio e non di veloci letture su Wikipedia, con una concept tematico dedicato al Medioevo, ai Longobardi e ai culti pagani ad essi ascrivibili, con tanto di innesti in latino e persino in longobardo, e strumenti come viola e violino o corno di guerra (e diteci se un brano come “Laur” non fa proprio pensare ad un marziale incedere belligerante di fronte al nemico).
La cosa funziona, e tali peculiarità non appaiono orpelli forzati e aggiunti per darsi un tono, ma anzi, si crea un amalgama che rende il percorso di “Landhaskur” efficace e con dei picchi notevoli (come in “Lackeskur”, con vocalizzi lirici, melodia, rallentamenti e ripartenze e quello che ci sembra uno scacciapensieri ad inserirsi – anche qui senza stonare in un contesto epic black metal).
Insomma, i Dewfall faranno pure un disco ogni lustro, ma il tempo che decidono di prendersi a quanto pare serve per mettere a fuoco e lavorare con dedizione alla propria musica, che viene fuori avvincente non senza un tocco di ancestrale ieraticità nell’elaborazione dei temi prescelti. Ascolto decisamente consigliato.