8.0
- Band: DGM
- Durata: 00:52:26
- Disponibile dal: 04/06/2007
- Etichetta:
- Scarlet Records
- Distributore: Audioglobe
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Sono una delle priorità della Scarlet Records, e questo può già essere visto come una garanzia. Si apprestano a pubblicare un album di power prog con tutte le carte in regola per sfondare finalmente nel mercato. Sono i DGM, la band capitolina capitanata dal cantante-batterista Titta Tani, una band che fino ad ora ha sempre raccolto meno della metà di quanto ha seminato. Ora invece l’aria tira decisamente verso la consacrazione, non ci sono dubbi. L’innesto di Simone Mularoni alla chitarra ha giovato non poco al sound di “Different Shapes”, sempre più lontano dal progressive hard rock che aveva contraddistinto i primi lavori della band. Qui finalmente la band ha preso il dovuto coraggio, rivolgendosi senza pudori su sonorità più moderne, vicine a Symphony X, Angra e Dream Theater. La voce di Titta Tani, specialmente nelle stupende “New Life”, “Unkept Promises” e “Frontiers” è soprendentemente simile alla particolare voce di Edu Falaschi, la semi-nuova ugola in seno agli Angra. I dieci pezzi che vanno a comporre questo fantastico mosaico prog si susseguono con una certa continuità, senza mai mollare l’ascoltatore, che si trova inevitabilmente coinvolto fino all’ultima nota. Dopo l’assalto frontale del trittico iniziale e la parziale redenzione operata dalla più hard rock-oriented “Unkept Promises”, è “The Fallen Angel” la vera perla dell’album, posizionata a metà tracklist proprio per la sua funzione decompressiva, importante in un lavoro heavy come questo. Una emozionante intro di piano, abile nell’arduo intento di non suonare troppo italiana (qualcuno ha detto Skylark?) ci introduce alla strofa di questa semi-ballad, interpretata in modo sufficientemente espressivo dal cantante, prima di abbandonarci in un mare fatto di fantastici assoli del bravo Simone, per sfociare infine in un crescendo di emozioni. Con “Peace Of Mind” si ricomincia a pestare sull’acceleratore, ed i riff si fanno più vicini ai Testament che non ai Dream Theater. Nella seconda metà dell’album si fanno largo la speed metal song “Close To You”, dove la voce arriva a toccare addirittura i picchi espressivi di sua maestà Russell Allen. Chiude il tutto la più canonica “A Man I’ll Never Be”, il pezzo più vicino ai vecchi e cari Dream Theater. Forse un colpo ad effetto, per lasciarci con un pezzo meno coraggioso ma più d’appeal. Ragazzi, state tranquilli, non vi servono trucchetti e magheggi. Siete finalmente giunti all’album della vostra consacrazione, e vi meritate una considerazione particolare da parte della scena prog e metal, che volente o nolente dovrà trovarsi a fare i conti con “Different Shapes”, un album stupendamente prodotto, ben scritto e ben suonato. Date fiducia ai nostri DGM, e avrete solo da guadagnarci.