8.5
- Band: DGM
- Durata: 00:56:40
- Disponibile dal: 09/10/2020
- Etichetta:
- Frontiers
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I DGM sono una delle realtà nostrane più scintillanti ed ispirate di sempre: su questo non vi è il minimo dubbio a prescindere da quello che possono sostenere alcuni scettici, evidentemente troppo impegnati a cercare di elencare tutte le possibili e vaghe somiglianze con gli statunitensi Symphony X per accorgersi delle incredibili doti compositive messe in piazza dal maestro Simone Mularoni e dai suoi talentuosi compagni, la cui unione rappresenta da oltre vent’anni uno dei pilastri più solidi e riconoscibili del panorama metallico tricolore.
In questo funesto 2020 sono parecchi gli album degni di lode a portare il sigillo di una band italiana, soprattutto se si parla di sonorità inerenti al così discusso – eppure così amato – power metal; anche se difficilmente ci saremmo aspettati che il decimo full-length ad opera della formazione romana fosse dotato di una potenza talmente sfavillante da far apparire improvvisamente meno luminoso il successo dei loro colleghi, molti dei quali si sono tra l’altro avvalsi proprio della presenza dello stesso Mularoni in veste di ospite e/o addetto ai lavori.
Siamo tutti d’accordo che il dieci sia un numero importante, così come sul fatto che l’etichetta di band power metal sia piuttosto riduttiva se si parla dei DGM: il loro fiore all’occhiello è infatti sempre stata la capacità di spingere forte sulla componente progressive, riuscendo nel contempo a mantenere intatta quella fruibilità tipica del sottogenere più colorato e sognante di tutti, seppur arricchita dagli innumerevoli sfoggi di tecnica, ben identificabili all’interno di forma e sostanza del prodotto in questione. In questo caso poi bisogna ammettere che i ragazzi si sono a dir poco superati, confezionando un concept album che punta a parlare della vita umana e delle numerose scelte e conseguenze che la compongono.
Un tema apparentemente abbastanza inflazionato, se non fosse che “Tragic Separation” centra perfettamente l’obbiettivo sfoggiando un susseguirsi di emozioni musicali acuminate come una punta di freccia, che come se fosse stata scoccata dall’arciere più dotato al mondo trafigge il cuore dell’ascoltatore, riversando al suo interno una quantità ben dosata di acciaio liquido scintillante. Utilizziamo questa similitudine per far presente a tutti che, malgrado le apparenze, il contenuto dell’album è metallo al 100%: aggressivo, furente e adrenalinico più dei suoi predecessori, ma anche dolce e introspettivo nelle sue numerose pieghe; e la cosa incredibile è proprio l’equilibrio perfetto che si crea al momento di mettere a confronto il lato più collerico e demolitivo con quello più soave e riflessivo.
Nominare dei brani più riusciti rispetto ad altri risulta quanto mai complicato in questo caso, ma possiamo anticiparvi che, dalla lunga e iniziale “Flesh And Blood”, passando per le soluzioni quasi in stile Kansas della titletrack, fino alla breve conclusione strumentale “Curtain”, la velocità tipica del power metal si alternerà con somma naturalezza a lunghe fasi più lente, ma sempre con quei chitarroni possenti a dettare legge, a prescindere dalla quantità di note suonate; il tutto mentre la voce del frontman Mark Basile tesse melodie a dir poco suggestive, accompagnato dalla precisissima sezione ritmica ad opera dell’accoppiata Andrea Arcangeli/Fabio Costantino e infine alle tastiere di Emanuele Casali. Personalmente, la preferita in assoluto di chi scrive è senza dubbio “Turn Back Time”, che musicalmente e concettualmente racchiude al suo interno tutta la bellezza che è in grado di esprimere chi suona questo sottogenere musicale con la dovuta maestria.
In buona sostanza, siamo in presenza di un valido candidato alla prima posizione della classifica dei full-length più riusciti di un anno in cui c’è stato ben poco per cui gioire al di fuori della musica in studio, nonché di uno dei lavori più efficaci ed equilibrati della carriera dei DGM, che in poco meno di un’ora riescono a non annoiare mai, continuando a mantenere a livelli da cardiopalma l’andamento generale.
Un piacere potere salutare con questi toni il ritorno di un’altra grande realtà italiana, segno che all’interno dei nostri confini la magia continua a diffondersi fiera. I DGM e molti altri hanno più che mai bisogno del supporto degli appassionati per sprigionare tutto il proprio potenziale in un momento di crisi, nella speranza che il futuro possa essere all’altezza di ciò che simili artisti meritano.