7.0
- Band: DIABOLICAL
- Durata: 00:55:28
- Disponibile dal: 02/09/2013
- Etichetta:
- Vici Solum Productions
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Forse è eccessivo affermare che i Diabolical di “Neogenesis” siano un’altra band rispetto a quella che una dozzina di anni fa pubblicò “Synergy” e “A Thousand Deaths”, tuttavia resta assai evidente la mutazione negli anni del quintetto, che oggi ha davvero poco a che fare con quel death-thrash di matrice svedese che ne aveva caratterizzato gli esordi. Gli inediti inclusi nella recente compilation “Ars Vitae” avevano fatto intendere dove i Nostri volevano andare a parare, ma solo l’ascolto completo di questo nuovo album ne ha rivelato completamente potenzialità ed intenzioni. Volendo riassumere brevemente, se la band una volta poteva essere facilmente associata ad At The Gates e Carcass, oggi i termini di paragone più appropriati risultano essere Hate e Septicflesh. Il gruppo si è spostato infatti verso un death-black dai toni atmosferici, basato su tracce dalla durata corposa, spesso decorate da tastiere e cori. Di prettamente svedese vi è forse solo la tagliente produzione, curata nei sempre più celebri Necromorbus Studios (Watain, Demonical); per il resto, siamo di fronte ad un platter che abbraccia correnti europee senza però mai assestarsi del tutto su un filone o uno stile specifico. Come accennato, ora i Diabolical ricordano quelle formazioni che fanno largo uso di trame imponenti e dalla forte componente visuale/cinematografica, ma mantengono una vaga identità di fondo, dettata in primis dal riffing eclettico di Tobias Jansson e Carl Stjärnlöv. Fra l’altro, quest’ultimo è anche autore del concept del disco: una storia sulla fine del mondo che si snoda per tutti gli undici capitoli della tracklist. Scelta ambiziosa, forse un pochino pretenziosa a tratti, se non altro perchè ciò implica una durata complessiva molto sostanziosa, che già in passato (vedi “The Gallery Of Bleeding Art”) i Nostri hanno dimostrato di non saper gestire benissimo. Qui quella storia si ripete, con qualche brano fuori tempo massimo; tuttavia, l’opera riesce a convincere per larga parte, denotando un buon estro compositivo e un coraggio indubbio, che alla fine dei conti ci sentiamo di premiare. Un brano come “Fields Of Nihil”, ad esempio, non è esattamente da realtà di Serie B… anzi!