7.5
- Band: DIAMOND HEAD
- Durata: 00:49:35
- Disponibile dal: 24/05/2019
- Etichetta:
- Silver Lining
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I Diamond Head sono più di una band di culto. Precursori della NWOBHM, non hanno mai raggiunto il successo commerciale di illustri colleghi come Iron Maiden o Saxon, ma sarebbe un errore infilarli a forza nel filone più underground del movimento inglese che tra fine anni Settanta e inizio anni Ottanta ha portato alla luce la nostra musica preferita posizionandola sotto i riflettori di tutto il mondo. I Diamond Head hanno infatti influenzato tantissime formazioni note e meno note (ricordiamo su tutte i Metallica: Lars Ulrich ha sempre speso parole di stima nei confronti della band di Stourbridge). Non capirne la valenza storica sarebbe quindi un grave errore. Oggi, a trentanove anni esatti dal debutto discografico, Brian Tatler e compagni pubblicano “The Coffin Train”, il loro ottavo disco in studio. Quando la fiamma del rock continua a bruciare, l’età anagrafica passa in secondo piano: ecco quindi gli inglesi aprire le danze con la dirompente “Belly Of the Beast”, un pezzo dal sound classico che non sfigurerebbe nei primi dischi della band. Non lasciamoci prendere da inutili nostalgie, perché le nuove canzoni possono vantare una produzione molto decisa, coriacea e attuale che riesce a ringiovanire tutti i dieci capitoli di heavy metal classico presenti su disco. L’ascolto prosegue con “The Messenger”, qui le chitarre rallentano per adottare riff più solidi e quadrati, che donano al pezzo un sound decisamente americano. La titletrack invece mostra il lato più melodico dei Diamond Head, magistralmente interpretato da un Rasmus Bon Andersen in grandissima forma. Il ‘nuovo’ cantante (ormai in formazione da cinque anni) si dimostra molto versatile, addirittura su “Shades Of Grey” ci ricorda il compianto Chris Cornell. Il punto di forza del disco risiede proprio nei suoi continui cambi di pelle, a volte più moderna (“The Sleeper”), a volte classica che di più non si può (“Death By Design”), a volte melodica come sulla conclusiva “Until We Burn”. Un lavoro molto interessante, per nulla scontato, pieno di ottima musica e prodotto in modo semplicemente perfetto. La classe british ancora una volta si conferma tra le migliori, “The Coffin Train” non può mancare nella collezione di ogni rocker che si definisca tale.