8.0
- Band: DI'AUL
- Durata: 00:45:23
- Disponibile dal: 07/02/2025
- Etichetta:
- Minotauro Records
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Con il misterioso “Abracamacabra” ed il successivo “EP II” avevano piazzato due importanti mattonelle alle voci ‘qualità’ e ‘maturità’; oggi, con gradita sorpresa, i Di’Aul hanno alzato ulteriormente l’asticella regalandoci un lavoro che va ad arricchire di intimità e libidine la formula doom-sludge portata avanti con fierezza e passione dalla band di Pavia.
Momo, Lele, Jeremy e Rex: assoldati dalla storica Minotauro Records (avete detto Death SS, Paul Chain e Strana Officina?), i quattro musicisti si sono rinchiusi tra le mura del Vacuum Studio di Bologna, registrando in presa diretta otto tracce in grado di catturare l’ascoltatore nella sua totalità, e nel modo più semplice possibile.
Si parla spesso di esperienze extrasensoriali, di suoni al limite di zone oniriche, che spaziano tra il reale e l’irreale, aggiungendo questa o quell’altra distorsione, o rumore, per sorprendere e accalappiare il fruitore di turno: ecco, i Di’Aul, seguendo i dogmi impartiti più di cinquant’anni fa da Tony Iommi e compagni, arrivano al medesimo punto di non ritorno con semplici riff di un’immediatezza disarmante. “Tar Wing”, primo singolo rilasciato, o “Mad Dalena” colgono alla perfezione questo aspetto: con Jeremy e Rex a sostenere l’andamento ritmico, è Lele a creare le varianti melodiche sulle quali, in ultimo, è la superba voce di Momo a farci entrare in questo nuovo capitolo firmato Di’Aul.
Dove tutto è il contrario di tutto, dove la speranza incrocia la solitudine, la colpa va a braccetto con la redenzione, la mitologia si scontra con la religione. Ed il titolo palindromico del disco è un altro indizio circa l’elevata introspezione delle liriche: in “EvAAve” si respirano profumi della pioggia, si prova isolamento e desiderio di rinascita, influenzati entrambi dalla poesia di Amelia Rosselli e Sylvia Plath.
A ciò si aggiunge la potenza rocciosa dell’heavy metal, egregiamente inserita nella cruda e roboante dimensione sludge-doom offerta dalla band lombarda: il pesante progredire ritmico di Andrea ‘Rex’ Ornigotti, aggravato dal basso di Jeremy Toma, fa da contraltare alle linee imbastite dalla sei corde di Daniele Mella, lasciando al timbro roco e corposo di Cosimo Cinieri il compito di dare il marchio definitivo ad un’esperienza ipnotica che ci porta a ripetere in loop la riproduzione dell’album da cima a fondo – passando attraverso il fascino di “Tar Wings”, la decadenza di “Mad Dalena”, il mistero di “Petricore”, l’oscurità di “F.O.M.O.”, l’irruenza di “Succubi Et Incubi” (uno degli episodi migliori del disco), sino all’esplosione di “Geosmina”, altro brano che ben rappresenta la qualità del nuovo lavoro dei Di’Aul.
“EvAAve” ha la forza di intrappolare la nostra mente senza troppi artifizi ma con quella ‘presa diretta’ che ci permette di assaporare da vicino le vibrazioni trasmesse dal quartetto pavese.