6.5
- Band: DIETH
- Durata: 00:41:59
- Disponibile dal: 02/06/2023
- Etichetta:
- Napalm Records
Spotify:
Apple Music:
Come inevitabile al cospetto di un progetto che riunisce tre fuoriusciti da altrettante band di rilievo, la presentazione del disco di esordio dei Dieth sottolinea come non si tratti dell’ ‘ennesimo supergruppo o side-project’: ottimismo? Pura promozione? In parte sì, anche se la qualità complessiva non manca.
Partiamo dai protagonisti, nel caso vi siate persi per strada le info e i singoli diffusi finora. Al basso troviamo Dave Ellefson, che non necessita certo di presentazioni, alla batteria Michał Łysejko (ex Decapitated) e Guilherme Miranda (ex Entombed A.D.) alla voce e chitarra, oltre a Michał Grall (Sinister, Manslaughter) come seconda chitarra in certi brani, ma non accreditato come membro della band.
Quello che emerge subito è come “To Hell And Back” – titolo forse banale, ma abbastanza sintomatico delle vicissitudini passate dei componenti – non sia un’accozzaglia di suoni e reminiscenze delle band di provenienza dei tre, bensì mostri la volontà di trovare una strada personale. Certo, i richiami ci sono ed evidenti, al punto che se dovessimo suggerire un esempio calzante di death-thrash nel 2023, questo disco potrebbe essere un ottimo approccio. Magari senza guizzi di genio, ma con un esito tutto sommato credibile.
Dopo il delicato arpeggio dell’opener e title-track, peraltro ripreso in chiusura da un breve brano strumentale, esplode subito la furia di una sessione ritmica francamente impeccabile, che si muove tra i due generi di riferimento senza soluzione di continuità, mentre Miranda dipinge riff serrati, stop’n’go di scuola Entombed (ovviamente…) ma anche assoli molto gradevoli e di gusto classico. La voce punta principalmente su un growl ricco di groove, trascinante, a tratti grezzo, nonostante una produzione complessiva molto pulita. Oltre alla somma delle parti, non mancano echi metalcore (“Don’t Get Mad… Get Even!”) e in generale un gusto molto anni Novanta, vicino anche a certe cose dei Sepultura più ‘commerciali’ (“Dead Inside”, “In The Hall Of The Hanging Serpents”); a sorpresa, ma non troppo, ecco poi “Walk With Me Forever”: una ballad furbetta ma accattivante, che parte ricordando certi arpeggi di casa Megadeth e arrivando in territori ‘ballata da limoni’: forse il vero elemento d’interesse è la presenza di Ellefson come voce solista, con anche una discreta capacità.
Non un esordio memorabile, di certo non imperdibile se non fosse per l’interesse determinato dai nomi coinvolti, tuttavia un disco che si lascia ascoltare e che riporta sulla scena musicisti di un certo calibro; tema di particolare rilievo ovviamente, rispetto a Ellefson, che per l’affetto e l’importanza avuta in quarant’anni di metal ci dispiaceva pensare condannato a un’ingiusta damnatio memoriae per altre, note cause.