8.0
- Band: DINOSAUR JR.
- Durata: 00:44:57
- Disponibile dal: 23/04/2021
- Etichetta:
- Jagjaguwar
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E’ passato ormai un trentennio abbondante dagli esordi dei Dinosaur Jr., dalla ruggente ‘freak scene’ che li vedeva protagonisti di un rock con un suono ai tempi nuovo (ovvero quel misto di noise, alternative e new wave per cui fu coniato il termine ‘slacker rock’); trent’anni in cui di acqua sotto i ponti ne è passata tantissima, eppure i tre protagonisti principali di questa avventura sono ancora qui, sempre uguali, a proporci la loro miscela sonora, che non è variata poi tanto nel tempo, si è forse solo un po’ ammorbidita. Oggi, a differenza di allora, non ha più molto senso parlare di rock alternativo quando ci si riferisce a questa band che, per storia e meriti acquisiti, ormai fa parte a pieno diritto del patrimonio artistico americano, ma il trio del Massachusetts riesce sempre a trovare un posticino nelle playlist di vecchi e nuovi ascoltatori per un motivo estremamente semplice: non sbaglia mai un album. Come già accennato, le coordinate stilistiche, aldilà di un leggero addolcimento dei suoni, non presentano sostanziali novità in “Sweep It Into Space”, che continua fedele sulla strada tracciata in passato: un rock lo-fi, nervoso e tirato, che negli anni si è avvicinato sempre di più all’attitudine classica del rock a stelle e strisce (tendenza di molte band statunitensi quando diventano adulte, un po’ come per i Pearl Jam, tanto per intenderci), con la voce imperfetta e allo stesso tempo inconfondibile di J Mascis a creare un caldo velo di malinconia. Chi già conosce la band, non si troverà di fronte a nulla di rivoluzionario: i soliti dodici pezzi che, una volta ascoltati, non si può fare a meno di ascoltare un’altra decina di volte. Canzoni semplici, che non fanno nient’altro che esaltare la maestria di chi le compone: si ascolti per esempio “I Expect It Always”, il pezzo che, con le sue chitarre ruggenti, sembra il più legato al passato della band, o il wah-wah di “I Met The Stones”, o infine “You Wonder”, cantata da Lou Barlow e vicina ai vecchi Screaming Trees; tutto suona vintage, insomma, ma in modo irresistibile. L’unica novità è la partecipazione all’album di Kurt Vile – uno che sicuramente deve molto a questa band – in veste di chitarrista in alcuni brani, tra cui la pacata “I Ran Away”, e come produttore. Saranno dinosauri del rock, ma non tradiscono mai.