7.5
- Band: DIOCLETIAN
- Durata: 00:34:28
- Disponibile dal: 22/04/2024
- Etichetta:
- Nuclear War Now
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Periodo di vacche grasse per i fan del cosiddetto war metal. Dopo Heresiarch, Antichrist Siege Machine e Primitive Warfare, giovani leve che con i rispettivi comeback hanno dimostrato come sia in qualche modo possibile svecchiare l’impianto sonoro forgiato tempo addietro dai vari “Fallen Angel of Doom….” e “War Cult Supremacy”, ecco anche i pesi massimi Diocletian riemergere dalle trincee per confermare il buono stato di salute del filone, dando alle stampe un disco – il quinto di una carriera avviata ormai vent’anni fa – come sempre votato alle forme più barbare e militanti dello spettro death-black.
Patrocinato dalla Nuclear War Now! di Yosuke Konishi e reso disponibile su Bandcamp in occasione della recente tournée europea (le versioni fisiche verranno immesse sul mercato a luglio), “Inexorable Nexus” si pone quindi in continuità con la storia ‘recente’ del gruppo di Auckland, cercando di ottenere una sintesi fra lo stile vagamente controllato e solenne di “Gendrurian” (2014) e la degenerazione totale di “Amongst the Flames of a Bvrning God” (2019), per una mezz’ora abbondante di musica che, senza offrire sorprese degne di questo nome, ricolloca agevolmente il quartetto ai vertici di questa particolare nicchia sonora.
Superato lo scoglio di una produzione volutamente grezza e disordinata, nella quale voci e strumenti sembrano mescolarsi come una trafila di esplosioni, grida e spari sul campo di battaglia, l’album ci rimette a confronto con una band intenta a ricercare nel caos e nell’odio la risposta a qualsiasi dilemma, riuscendo tuttavia a distinguersi per approccio al songwriting ben più profondo e metodico di quello di molte altre realtà devote al culto di Archgoat, Blasphemy e Conqueror, il cui insistere su un’estetica a base di caproni, cartuccere e maschere antigas si accompagna spesso a brani dall’esecuzione e dagli sviluppi approssimativi.
A conti fatti, basta la propulsione belligerante dell’opener “Global Slave Enigma”, composta dall’amico Ryan Förster, per ribadire in una manciata di minuti l’autorevolezza dei neozelandesi, i quali – archiviata una partenza tanto bruciante – iniziano a mescolare sensibilmente le carte in tavola per conferire alla tracklist un taglio un po’ meno ‘dritto’ e monocromatico del previsto. Nulla che allenti veramente la morsa o che smorzi le atmosfere severissime della tracklist, va da sé, ma già con la successiva, titanica “Heathen Siege” i Nostri tornano a bussare alla porta di quella sensibilità decadente scandagliata da alcuni episodi chiave di “Gesundrian”, ampliandone il raggio d’azione in un finale che abbraccia compiutamente la melodia e che evoca immagini di eserciti in fuga dopo la sconfitta, tra feriti, fango e disperazione.
Sottigliezze espressive in un quadro generale che, come da prassi della corrente war metal, è e resta aggressivo, feroce, tesissimo (sentire la doppietta “Subjugation Before Annihilation”/“Nexian March” per credere), ma che pochi gruppi dimostrano di padroneggiare con la stessa dimestichezza di B.S. e compagni, ancora una volta bravi a convogliare la furia del black/death/thrash più spietato e nichilista in una serie di composizioni perfettamente a fuoco nella loro atrocità.