7.5
- Band: DISARMONIA MUNDI
- Durata: 00:53:20
- Disponibile dal: 21/03/2025
- Etichetta:
- Coroner Records
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Ai nati del nuovo millennio, il nome dei Disarmonia Mundi probabilmente non dirà granchè, ma per chiunque abbia masticato pane e melodic death metal una ventina d’anni fa, si sarà sbloccato uno o più ricordi, dato che, nel periodo tra il 2002 e il 2006, la band piemontese ha sfornato tre ottimi lavori – “Nebularium”, “Fragments Of D-Generation” e “Mind Tricks”, questi ultimi due con il vanto di avere dietro al microfono anche Speed Strid dei Soilwork – capaci di tenere testa ai portavoce del cosiddetto Gothenburg Sound dell’epoca. I successivi “The Isolation Game” (2010) e “Cold Inferno” (2015) hanno fatto calare l’attenzione mediatica, complice l’assenza di una vera attività live e il focus del mastermind Ettore Rigotti su altre attività sempre in ambito musicale (dalla Coroner Records, etichetta di lancio dei Destrage, al suo studio The Metal House), lasciando che la polvere si depositasse sul progetto fino al recente annuncio della ristampa in vinile del secondo album.
A sorpresa, arriva poi qualche mese fa la notizia di questo inatteso ritorno con la formazione originale – oltre al polistrumentista Rigotti, figurano il sodale cantante Claudio Ravinale e il già citato frontman della band di Helsingborg – alzando l’hype dei vecchi fan, visto che nel frattempo tutti i grandi nomi di un tempo, dai Soilwork stessi agli In Flames, in queste due decadi hanno chi più chi meno mutato pelle, trasformando quello che per alcuni poteva essere il tallone d’achille dei Disarmonia Mundi – l’eccessiva somiglianza alle band svedesi leader della scena all’epoca – nel loro attuale punto di forza, cavalcando l’effetto nostalgia.
È così che, fin dall’opener “Adrift Among Insignificant Strangers”, veniamo catapultati in una macchina del tempo che ci riporta a metà degli anni Zero: dalle ritmiche serrate agli hook ultra melodici, tutto si incastra alla perfezione tra “Figure Number Five” e “Stabbing The Drama” (due album spartiacque nella carriera dei Soilwork), con in più gli incroci di voci tra i due cantanti (entrambi impegnati nel doppio registro scream / pulito) a rendere ancora più stratificata, e ficcante, la proposta. Anche gli arrangiamenti elettronici, come ad esempio nel midtempo “Shadows Of A World Painted Red” o nella più rocciosa “Outcast”, nulla concedono alla modernità di oggigiorno, ma guardano piuttosto a quella dell’epoca MySpace, ripescando gli effetti degli In Flames di “Reroute To Remain” e “Soundtrack To Your Escape”.
Sentendo i duelli chitarristici o le partiture acustiche di “Warhound” è impossible non cogliere l’eco di Peter Wichers e Jesper Stromblad (compositori rispettivamente di Soilwork ed In Flames), così come le tastiere della più danzereccia “Crossroads To Eternity” riportano alla memoria gruppi ormai dimenticati, dai Blood Stain Child ai Lords Of Decadence. C’è spazio occasionalmente anche per qualche passaggio più aggressivo (“8th Circle”, “Architects Of Negativity”), sempre avendo come stella polare la band madre di Speed Strid (in questo caso nel periodo di mezzo tra il thrash-death di “A Predator’s Portrait” e il più arioso “Natural Born Chaos”), fino a chiudere, dopo quasi un’ora, con l’andamento allegro della bonus track “Sheer Nothing”, tanto leggera quanto trascinante con i sui cori da balera.
Dimenticatevi suffissi -core e la fluidità di genere dei tempi moderni: se volete rivivere le emozioni del ‘melo death che più melodico non si può’ e rievocare i tempi dell’iPod, allora tuffatevi pure nell’ascolto di “The Dormant Stranger”.