7.5
- Band: DISBELIEF
- Durata: 00:56:58
- Disponibile dal: 05/04/2024
- Etichetta:
- Listenable Records
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Dopo una pausa di quattro anni, ecco ritornare i Disbelief, concreti e coerenti come sempre. Fa sempre piacere ritrovare la formazione tedesca, uno dei gruppi più incompresi e sottovalutati del circuito europeo, alfiere da tempo di una proposta personale e autore di diversi album di ottima fattura, anche se appunto mai troppo celebrati. D’altronde, tocca dire sempre le stesse cose: l’essere un ibrido non facilmente catalogabile ha paradossalmente arrecato più di un fastidio alla band in termini di popolarità e presa sul pubblico. Troppo contaminati per il death metaller medio e troppo rudi e ‘metallari’ per chi si nutre di sonorità ‘post’, avanguardistiche et similia, i Disbelief si sono spesso ritrovato in un limbo dal quale è complicato evadere, senza contare che – come sottolineato varie volte in passato – sia il gruppo che le etichette che lo hanno promosso negli anni hanno spesso commesso errori di presentazione e collocamento, accostando il sound a riferimenti sbagliati o affidandosi a copertine anonime.
A livello di immagine, purtroppo nemmeno questo nuovo “Killing Karma” fa eccezione, tuttavia il disco non delude, presentandoci una raccolta di composizioni che rispecchiano la particolare tradizione sonora portata avanti dal quintetto in questi anni, con la coerenza e lo stile di chi sul fronte musicale non ha ormai niente da imparare da nessuno.
Di nuovo, ciò che rende speciale la musica dei Disbelief è la loro capacità di creare un suono che è al tempo stesso potente e profondamente emotivo. Il death metal costituisce ancora una volta la base solida su cui si innestano i tipici elementi distintivi della musica della band, a partire dal groove molto pronunciato per arrivare naturalmente a quelle melodie lucenti e rigeneranti, che spesso innescano netti contrasti con la debordante sezione ritmica. A livello di indole, l’album è in linea con opere recenti come “The Symbol of Death” e “The Ground Collapses”, quindi particolarmente affilato e serrato in certi punti, tuttavia anche puntuale nel rallentare e nell’aprirsi a quei registri più torbidi e sofferti che da sempre rientrano nei marchi di fabbrica del gruppo. Non a caso, quello dei Disbelief è un sound che acquista tanta più autorità quanto più si concede, tra aggressività e ritmi ostinati, a melodie oblique e funambole, che si sciolgono in dissolvenze molto affini alla scuola post-punk. Non stupisce quindi, nel finale, imbattersi in una cover di “Millenium” dei Killing Joke, band che i tedeschi hanno più volte omaggiato, più o meno direttamente, nel corso della carriera.
Non possono passare sotto traccia, in una tracklist forse anche troppo lunga (un paio di episodi potevano essere tranquillamente risparmiati), passaggi come la visionaria traversata di “Reborn”, dall’incipit travagliato e dall’accelerazione memorabile, e lo sviluppo altrettanto frastagliato della title-track, in cui si sentono echi di Hypocrisy miscelati al tipico groove del quintetto all’altezza del ritornello. Notevole anche “The Scream That Slowly Disappeared” – interessante nel suo fondere sezioni serratissime con aperture in cui Karsten Jäger sfodera la sua sofferta voce pulita – così come “This Last Order”, classica discesa in quel gorgo di pessimismo che ormai da decenni la band è assai abile ad architettare.
Passano gli anni, ma i Disbelief si mantengono ormai costantemente su livelli pregevoli, proseguendo imperterriti in quel percorso di sperimentazione tra death metal, sludge e suoni più alternativi che da sempre li contraddistingue. Bravi erano e bravi lo sono ancora, nonostante spesso il loro invidiabile potenziale sia appunto stato gioia solo per platee di nicchia.