DISENTOMB – Nothing Above

Pubblicato il 26/10/2024 da
voto
7.5
  • Band: DISENTOMB
  • Durata: 00:17:15
  • Disponibile dal: 18/10/2024
  • Etichetta:
  • Unique Leader

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Ogni cinque anni – o giù di lì – i Disentomb riemergono dall’ombra per ribadire la caratura di una proposta sempre più autorevole, efficace e personale, la quale continua a svilupparsi in maniera indipendente da ciò che va per la maggiore nel circuito death metal contemporaneo.
Partiti come una delle tante formazioni cresciute a pane e Unique Leader (quella di una volta!) con l’esordio “Sunken Chambers of Nephilim”, dal secondo full-length “Misery” i Nostri sdoganarono un substrato atmosferico-dissonante che ne indirizzò i passi verso il sentiero tracciato dai mostruosi Ulcerate, per poi ripetere e portare in trionfo la suddetta intuizione con “The Decaying Light”, prova palese di come, anche da basi così oltranziste, fosse possibile scardinare le certezze e aprirsi a nuovi orizzonti musicali, prendendo il meglio dei rispettivi mondi e fondendolo in maniera decisamente spontanea e coerente.
Oggi è quindi la volta di “Nothing Above”, EP di quattro brani per una ventina di minuti di durata che, se possibile, risulta essere un’ulteriore messa a fuoco di questo approccio sospeso fra digressioni visionarie e brutalità senza freni, parentesi stritolanti e arie tenebrose, in cui il guitar work di Jake Wilkes – vero motore del gruppo di Brisbane – alza l’asticella sia in termini di eleganza che di potenza, cavalcando i venti apocalittici alzati da un songwriting che attinge tanto dal repertorio dei neozelandesi o di altri fenomeni come gli Adversarial, quanto da quello di Disgorge e primi Decrept Birth.
Riff lunghi, che si prendono tutto il tempo necessario per evolversi e salire di intensità, sono insomma le fondamenta di un suono ingegnoso e calibrato, in cui non si rintraccia voglia di strafare quanto piuttosto di esplorare la gamma di sensazioni – dominio, ignoto, terrore – accennata dall’artwork.
Un moto sinuoso, un impeto che si propaga dai recessi della mente e del corpo, in grado un momento prima di offrire delle armonizzazioni struggenti, figlie di un capolavoro come “Shrines of Paralysis”, e quello dopo di contrarsi in una serie di spasmi distruttivi durante i quali il frontman Jordan James si erge a mo’ di titano gutturale, sostenuto da una sezione ritmica severa ma vitale.
Un taglio che, a conti fatti, non è né palesemente moderno, né ostinatamente vecchia scuola, e che si colloca in un limbo dove a prevalere è la voglia di esprimersi secondo un linguaggio proprio, incurante di ciò che detta l’hype del momento.
L’unico rammarico, a fronte della bontà dell’insieme e di episodi del calibro di “No God Unconquered” (con ospite Jonny Davy dei Job for a Cowboy), è che il tutto duri così poco, motivo per cui ci auguriamo che un’opera più estesa possa essere già in lavorazione. Un ritorno breve, ma notevole sotto ogni punto di vista.

TRACKLIST

  1. Drear Prophecies
  2. When the Black Begins, the Forked Tongue Speaks
  3. No God Unconquered
  4. Nothing Above
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