8.0
- Band: DISENTOMB
- Durata: 00:44:10
- Disponibile dal: 12/07/2019
- Etichetta:
- Unique Leader
- Distributore: Audioglobe
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Fa sempre piacere quando un gruppo partito in sordina con un esordio approssimativo riesce a migliorarsi e a compiere un autentico salto mortale in termini di efficacia e personalità. È il caso degli australiani Disentomb, saliti agli onori della cronaca underground come uno dei tanti epigoni di Condemned e Disgorge e oggi approdati su Unique Leader con quella che probabilmente si rivelerà l’opera della loro definitiva consacrazione. Introdotto da uno splendido dipinto di Nick Keller (Altarage, The Black Dahlia Murder, Vampire), “The Decaying Light” vede il quartetto di Brisbane approfondire e portare a compimento le intuizioni avute sul precedente “Misery” in un’escalation dai toni ombrosi e apocalittici, rifuggendo dalla sterile ripetizione di cliché espressa dal roster di etichette come Amputated Vein, Comatose e Sevared.
Undici brani che, muovendosi tra compressioni e decompressioni, stilemi presi di peso dalla scuola californiana di inizio anni Duemila e sfumature dissonanti di chiara ascendenza Ulcerate, offrono una rilettura inedita di quello che solitamente viene considerato il sotto-genere tetragono per antonomasia. Un’evoluzione che, senza sacrificare un briciolo della prorompente brutalità dei Nostri, si propone di conferire alla tracklist una patina di emotività tanto sottile quanto determinante sul risultato finale, la quale ha l’indubbio pregio di svelarsi per gradi, quasi fosse il dettaglio sfuggente della trama di un libro o di un film. Detto che il frontman Jordan James ribadisce qui la sua natura di mostro monolitico, evidentemente incapace di esprimersi in altri modi al di fuori di un certo tipo di growling, la progressione nelle abilità tecniche della band risulta lampante, a partire dal guitar work sempre più ingegnoso e vitale di Jake Wilkes, vero artefice del nuovo corso del progetto. Un po’ Diego Sanchez, un po’ Michael Hoggard, il Nostro scolpisce una serie di riff e armonizzazioni dalla spiccata energia cinetica, sempre vagamente catchy e lungi dall’assestarsi su un determinato iter o andamento. Episodi come l’opener “Collapsing Skies”, la titletrack, “The Droning Monolith” o la terrificante “Invocation in the Cathedral of Dust”, d’altronde, parlano da soli: questo è il suono di una band a cui la mera dicitura ‘brutal’ sta ormai stretta, maturata sotto ogni punto di vista e da annoverare seduta stante tra le sorprese di questo 2019 extreme metal. I cinque anni di silenzio discografico hanno dato i loro frutti.