9.0
- Band: DISSECTION
- Durata: 00:43:02
- Disponibile dal: 17/11/1995
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Audioglobe
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A metà degli anni ’90 Norvegia e Svezia facevano a gara nello sfornare album di black metal. Lo standard qualitativo era altissimo e quella generazione di musicisti non era conscia del fatto di stare scrivendo, disco dopo disco, pagine della storia del metal. I Dissection, progetto che da sempre si è identificato con il genio musicale di Jon Nödtveidt, avevano già debuttato con “The Somberlain”, mostrando che si poteva suonare in maniera melodica senza perdere un briciolo di oscurità, vigore e dannazione nel proprio suono. Ma è con “Storm Of The Light’s Bane” che il gruppo raggiunge il proprio zenit musicale. La produzione del disco è un netto salto di qualità, una delle migliori dell’epoca, che raffina e contorna in maniera migliore i sentieri chitarristici delle canzoni, definendo meglio gli schemi del drumming e missando perfettamente i lamenti rabbiosi di Nödtveidt. I due minuti scarsi di “At The Fathomless Depths” passano direttamente alla storia come un’introduzione gelida, fredda, che permea chiusura, usando solo la chitarra elettrica con l’aggiunta di percussioni in lontananza, percussioni che hanno il sapore di una chiamata alla battaglia. Dopo ciò, la rabbia di una generazione che cresce al freddo, inseguendo l’ombra e odiando i credo prestabiliti, trova forma in “Night’s Blood”, una delle canzoni più belle di sempre del genere. La furia del brano si basa su una struttura ritmica molto dinamica che corre e rallenta, si allunga e si accorcia, mentre le chitarre assecondano il tutto con riff veloci e taglienti quando serve e melodia rallentata quando c’è da creare atmosfera, il tutto con un tono che altro non produce se non una sensazione gelida. “Unhallowed” è black metal duro e crudo, dove si inseguono le alte velocità tipiche dell’epoca, ma con una raffinatezza chitarristica che è solo frutto di armonie ricercate. I lamenti melodici e la debordante sequenza chitarristica finale dimostrano le due sfaccettature del gruppo all’interno dello stesso brano: armonia e durezza. Quel che ad altri complessi non è concesso, ovvero abusare di melodia e di suoni puliti – specie quando ancora è in corsa la ricerca al suono più ‘true’, grezzo e diretto – è lecito a Nödtveidt e compagni. “Where Dead Angels Lie”, brano lento dall’inizio alla fine, è un capolavoro di testi, musiche, arrangiamenti e liriche in cui sussurri, sospiri, narrazione dura e cruda e un riff di chitarra assurgono a litania nel continuo ripetersi, concedendo spazio anche all’acustico; il tutto per un’atmosfera fiabesca, guerreggiante, tipica di una storia di una landa desolata. La coltre di oscurità musicata dai Dissection esagera nella seconda parte del disco quando i brani, i più duri e diretti dell’album, assomigliano più alle composizioni di “The Somberlain”, ma in versione matura e quindi migliore. Incredibile come le canzoni non sbaglino un riff, inseguendo la batteria nelle sue mutevoli espressioni. E quindi la title-track, dal break centrale molto epico, e poi “Thorns of Crimson Death”, uno dei cavalli di battaglia dal vivo, otto minuti di pura maestria; e “Soulreaper”, black metal a tutta velocità. Qualche nota di pianoforte chiude un lavoro epocale. Le note vicende del leader porteranno alla stasi del gruppo, salvo poi tornare anni dopo quando Jon Nödtveidt manifesterà ancora il suo genio musicale usando il marchio Dissection, ma non nelle forme per i quali i più lo amavano. Fu l’ultima volta prima di uccidersi: ma il suo testamento musicale era già stato scritto con “Storm Of The Light’s Bane”.