6.5
- Band: DISTURBED
- Durata: 00:56:29
- Disponibile dal: 20/09/2005
- Etichetta:
- Warner Bros
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“Ten Thousand Fists”, terzo album dei Disturbed, avrebbe davvero potuto essere il disco della consacrazione definitiva per il quartetto di Chicago; avrebbe potuto essere, già… e, per certi versi, lo è sicuramente: dopo il fortunato e bellissimo esordio, “The Sickness”, ed il suo seguito, “Believe”, decisamente più votato alla melodia e rivolto ad un pubblico quasi mainstream, David Draiman e compagni hanno avuto la ghiotta opportunità di poter scegliere verso quale strada dirigersi. Seguire apertamente i richiami della notorietà oppure tornare a creare qualcosa di più aggressivo, più “nu cattivo”? Come quasi sempre accade, la soluzione sta nel mezzo… ed il mezzo, purtroppo, stavolta non sembra rappresentare il meglio che i Disturbed avrebbero potuto offrire: d’accordo, “Ten Thousand Fists” è composto da una serie di brani scritti molto bene, tutti piacevoli e mettenti in mostra lo stile ormai riconoscibile della band e, soprattutto, un cantante, il già citato Draiman, davvero fra i migliori in circolo in ambito “metal da classifica”; peccato che, però, il disco risulti fondamentalmente noioso: innanzitutto, quattordici pezzi sono troppi, dato che diventa ulteriormente pesante se, all’interno della tracklist, troviamo la stessa formula compositiva – strofa semi-rappata su riff spezzati, chorus accattivante e più o meno orecchiabile, break d’atmosfera e/o cadenzato, ripresa del chorus – ripetuta per dieci volte. Questo “difetto” genera inevitabilmente la presenza di tre-quattro filler (“Forgiven”, “Avarice”, “Son Of A Plunder”, “Sacred Lie”) che non danno nessun apporto qualitativo alla proposta dei Disturbed. I riff di Dan Donegan sono sempre quelli… e alla lunga stufano un po’; la sezione ritmica, formata da Mike Wengren e dalla new-entry al basso John Moyer, è puntuale, precisa e svolge il compitino senza mai strafare; spiace poi vedere l’enorme talento vocale di Draiman affossato dalla scelta di limitare moltissimo l’uso del suo timbro più pulito, intenso e commovente, il quale rende, guarda caso, la semi-ballad “Overburdened” la traccia migliore del lavoro. Poi ci sono i due singoli, “Stricken” e “Guarded”, la bella cover di “Land Of Confusion” dei Genesis, i meglio riusciti “Just Stop”, “Decadance”, “Ten Thousand Fists”: tutti brani che, alla fine, giustificano in pieno l’acquisto del platter. Rimane un po’ d’amaro in bocca, però, nel constatare l’abbondante dose di potenzialità (soprattutto emozionali) inespresse da una band così matura. Peccatissimo.