7.0
- Band: DISUMANA RES
- Durata: 00:37:12
- Disponibile dal: 24/03/2014
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Per comodità apriamo il discorso su questo lavoro citando direttamente le parole della band, la quale nel contattarci afferma che: “‘Disumana Res’ è un’industrial metal band italiana (nata fra Roma e Bologna) attiva dal 1995 al 1999. Dopo due demo tape realizzate nel 1996 e molti live, il trio formato da AB (voce e programmazione), MC (chitarra) e RS (basso), nell’ottobre del 1998 entra in studio e registra l’atteso album d’esordio. Alla pubblicazione del disco si interessano due etichette indipendenti nord europee ma qualche mese dopo i Disumana Res per problemi logistici si separano e l’album rimane inedito. Nel 2012 durante una breve reunion i componenti della band decidono di pubblicarlo postumo e affidano il mastering a Nicola Manzan (Bologna Violenta). Il disco, intitolato semplicemente ‘Disumana Res’, esce il 24 marzo 2014. La registrazione originale non è stata alterata, i sette brani suonano identici a sedici anni fa risultando comunque attuali. Band di riferimento: Ministry, Godflesh, Pitchshifter”. Ecco, una volta letta questa breve bio, l’entità del lavoro appare all’improvviso incredibilmente lampante. Parliamo infatti di musica “datata” senza esserlo, o comunque di un qualcosa di altamente ambiguo che ha un piede nel presente e uno nel passato. Ai tempi delle influenze citate dai Nostri infatti, le suddette band erano almeno dieci anni avanti (soprattutto i Godflesh, anche se i Disumana Res li citano più nel loro periodo finale più quadrato e diretto, ovvero di “Hymns”), ma poi sono scomparse permettendo al mondo di recuperare il terreno perso, aggiornarsi e contestualizzarle in una cornice più comprensibile. La proposta dei Nostri dunque ci pare tutto sommato lineare e basilare ma allora questa roba deve aver lasciato basita molta gente. Le drum machine ai tempi erano quanto di più odiato al mondo ci fosse in ambito heavy, ed utilizzarle significava prendersi enormi rischi, ma i Disumana Res non sembrano essersene curati, e infatti la loro intemperanza con il materiale cibernetico-industriale alla fine ha pagato, poiché oggi questa musica appare ancora fresca e interessante, “contestualizzata” appunto, mentre tanta roba contemporanea a loro poteva sembrare più “cool” allora ma oggi appare stantìa e datata. Il ronzio di fondo che permea le chitarre e il basso pulsante e circolare che martella senza sosta i timpani in tutto il lavoro sembrano la reincarnazione totale del duo Broadrick-Green, ma va bene così poiché la band alla fine ci mette anche del suo. Nella terza traccia, “Frozen”, i Nostri vanno un po’ troppo oltre però, proponendo un’intro alla canzone che pare copiata e incollata direttamente dall’intro di “Bigot”, mentre l’intro di “Worms” è una copia carbone di “Slavestate”. In generale comunque la proposta dei Disumana Res ci appare più legata a stilemi hardcore che doom come nel caso dei Godlesh, e in effetti, se si prendono i bpm nel complesso, la band italiana eclissa i Godflesh su tutti i fronti, propendo canzoni più serrate e frenetiche e una durata media dei brani quasi sempre assai limitata che tira in ballo inevitabilmente le mitragliate inarrestabili dei Ministry. Ed ecco che, fatta questa precisazione, comincia a farsi limpida nella mente di chi ascolta anche l’influenza che ha avuto su questa musica un altro dinosauro estinto dell’industrial metal dei nineties, ovvero quella vecchia volpe di Alex Newport, anch’egli citato praticamente ovunque con spudoratissimi rimandi ai Fudge Tunnel di “Hate Songs” soprattutto, e immancabilmente anche ai Nailbomb. Insomma, se non fosse per il fatto che il lavoro ha quasi vent’anni lo liquideremmo come immane e spudoratissima scopiazzatura, ma invece il lavoro vent’anni li ha eccome, e anche se non si può negare che nonostante la veneranda età questi ragazzi non erano certo i primi arrivati neanche allora, dall’altro non possiamo neppure negare che devono essere pur sempre stati tra i primi nel nostro paese a cimentarsi in sonorità simili, per cui a loro tutto il nostro rispetto e la nostra simpatia.