7.0
- Band: DIVINE CHAOS
- Durata: 00:49:03
- Disponibile dal: 29/05/2014
- Etichetta:
- Evil EyE Records
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Vengono da Londra e dalla città emblema per eccellenza del melting-pot culturale hanno preso l’ispirazione per questo debutto su lunga distanza, una fusione di thrash, death e progressive metal. Sono i Divine Chaos e, a ben sette anni di distanza dall’EP che li ha catapultati sul mercato, ecco arrivare uno scoppiettante lavoro. “Last Confession”, prima canzone dell’album dal sapore slayeriano, trasmette immediatamente sensazioni positive. Pezzo diretto, con suoni ottimamente prodotti e bilanciati, molto moderni, con una batteria in evidenza (se ne occupa James Stewart, stesso drummer dei Vader): i Divine Chaos vogliono subito mettere in chiaro che è sull’impatto che puntano per essere apprezzati. E quindi cambi di ritmo vorticosi, accelerazioni, stop&go, riff praticamente groove che poi cambiano e diventano tipicamente thrash, salvo poi virare verso lidi death. Un bel miscuglio insomma, addolcito dall’amore per la melodia, figlia delle influenze progressive, che ammorbidiscono il lato aggressivo delle composizioni. “The Myth of Human Progress” è uno dei pezzi più riusciti, perfetto esempio di come le diverse componenti musicali dei Divine Chaos trovino l’amalgama. Piace anche “Death Toll Rising”, altro brano dove la componente groove viene esaltata, mentre con “Shadow Of God” sono le vorticose ritmiche thrash a dominare la scena. In generale i cinque londinesi amano scrivere pezzi molto lunghi per sviluppare bene le loro tante idee musicali. È così infatti che le canzoni dei Divine Chaos alleggeriscono ad esempio un paio di minuti di thrash martellante con lunghi soli di chitarra e riff melodici, per poi ripartire a tutta forza. Su queste basi ritmiche assolutamente coinvolgenti è presente una timbrica vocale molto roca, filtrata, sempre veloce nell’urlare al microfono la rabbia rappresentata dalle tematiche forti intuibili dai titoli delle canzoni. Menzione d’obbligo per “Ignorance Everlasting”, pezzo fantastico posto nella parte centrale dell’album e assolutamente superiore in quanto a riffing e arrangiamenti. Insomma, non prima di aver scritto bene anche di “Fields Of The Fallen”, tutta un intreccio chitarristico e doppia cassa di batteria su un ritmo andante, e di “Perpetual War Policy”, chiusura adrenalinica dell’album, che si concede anche qualche momento acustico, promuoviamo i Divine Chaos senza paura di cadere in errore. Album consigliato agli amanti del thrash metal d’impatto che non disdegnano però melodia e minutaggio lungo. Provateli.