6.5
- Band: DIVINITY
- Durata: 01:07:58
- Disponibile dal: 26/05/2017
Spotify:
Apple Music:
Iniziamo questa recensione col dire che, se siete amanti di quelle sonorità melodic death/thrash, alla Soilwork, Darkane o Strapping Young Lad nella loro parte finale di carriera, e non avete mai sentito parlare dei Divinity, allora sappiate che questa potrebbe essere l’occasione buona per farlo. Già perché “The Immortalist” è una compilation, ma non storcete il naso, visto che parliamo di una di quelle operazioni di mercato che hanno assolutamente senso di esistere e di cui vale la pena valutarne l’acquisto. Il quintetto canadese, dopo aver debuttato sotto la potentissima Nuclear Blast con il promettente “Allegory” e proseguito la carriera sotto la Candlelight con “The Singularity” (datato 2010), non trovando più nessuna etichetta disposta a finanziare un nuovo ambizioso progetto su cui aveva già iniziato a lavorare, diede il via ad una campagna di crowdfounding per dare alle stampe tre EP, e completare un concept chiamato appunto “The Immortalist”. Nel corso del 2017 è infatti uscito l’ultimo capitolo di questa saga: “The Immortalist Pt. 3 – Conqueror”, che insieme ai precedenti due è stato incluso in questa (tra virgolette) compilation. La cosa interessante però è che sia “The Immortalist, Pt. 2 – Momentum”, che “The Immortalist, Pt. 1 – Awestruck” sono stati completamente rimasterizzati da Chris Donaldson (Cryptopsy, The Grid Productions), onde poter dare a questo lavoro un sentore di unico full length. Dobbiamo dire che la cosa ha funzionato bene, nonostante una durata oggettivamente un po’ eccessiva, ma ampiamente giustificata da quanto spiegato poc’anzi: si ha l’impressione infatti di essere alle prese con un album fatto e finito. Ora, rimangono però i pro e i contro di una band che in diversi anni di esperienza non si è riuscita a ritagliare un vero e proprio posto in una scena che pare essere abbastanza ferma nel suo autocitazionismo. I brani nel complesso riescono ad essere sempre divertenti nella loro ricerca quasi ossessiva dell’urgenza o del passaggio ad effetto quasi a voler stupire l’ascoltatore e lasciarlo basito dai repentini cambi di tempo o dalle aperture melodiche. In verità, però, tutto suona abbastanza ordinario, le quattro nuove canzoni sono esattamente quello che ci si poteva aspettare dai Divinity tant’è che sembrano un po’ fatte col pilota automatico e davvero aggiungono poco a quanto già detto in precedenza su di loro. Ora sarà interessante scoprire quali saranno i nuovi passi del combo di Calgary, chiuso un capitolo chissà che non si apra una nuova strada per il futuro della band, magari con nuove idee o nuove sonorità, chissà. Nel frattempo, se siete amanti delle sonorità sopra citate, potete far vostra questa release senza troppi indugi, a patto che non vi aspettiate chissà quali novità o personalità debordanti.