DØDHEIMSGARD – Black Medium Current

Pubblicato il 11/04/2023 da
voto
8.5
  • Band: DHG , DøDHEIMSGARD
  • Durata: 01:09:37
  • Disponibile dal: 14/04/2023
  • Etichetta:
  • Peaceville

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C’è veramente tutto, nella musica dei Dødheimsgard. Il vecchio e il nuovo, la tradizione e il futuro, la continuità e la rottura, increspature veementi e setosità incantevoli. Poche band come quella di Vicotnik, instancabile e poliedrico leader dei blackster norvegesi, sono riuscite ad attraversare le sempre più vaste e complesse fasi di evoluzione del black metal, ergendosi a leader del movimento senza tradire le proprie radici, né impantanarsi nelle sabbie mobili della routine. L’abusato termine ‘avanguardistico’ calza perfettamente a una formazione come questa, che del guardare avanti, reiventare le forme e convenzioni black metal, a volte stravolgendole, in altri casi semplicemente dilatandole, flettendole, stropicciandole, ha fatto un suo vessillo.
Del gruppo che seppe stupire già agli esordi di “”Kronet til konge” rimane immutato l’amore per il suono originario, il suo cuore spirituale, l’atmosfera unica che il genere sapeva emanare agli albori. Quel senso di ricercata pericolosità, mistero e ardore è stato filtrato negli anni dalla voglia di esplorare, combinare suoni più ruvidi e ‘classici’ a influssi laterali o totalmente estranei a quello che era riferibile ai Dødheimsgard fino a quel momento. Allora ecco le inflessioni industrial di “666 International” e “Supervillain Outcast” e le oniriche fughe tra jazz/fusion, progressive e avant-garde dell’ultimo “A Umbra Omega”. Proprio da lì si riparte, per una volta non scombinando completamente le nostre aspettative, nonostante siano passati otto anni da quel disco e nel frattempo Vicotnik, oltre a occuparsi della maggior parte della composizione, sia ritornato stabilmente dietro al microfono. Ci fa piacere ricordare che il polistrumentista norvegese sia tornato operativo anche con i Ved Buens Ende, a rinsaldare quel ruolo di musicista bramoso di extreme metal vecchia scuola, ma con la mentalità di chi guarda al cielo e proietta la sua mente tra le stelle, per abbracciare sonorità siderali, in bilico tra carnale e sintetico, calore e freddezza.
Con “Black Medium Current” si accentua l’aspetto mentale, riflessivo, insito nella musica dei Dødheimsgard. Sul piano tematico, si esplorano nei testi i delicati e fragili rapporti tra libero arbitrio e determinismo, tra la necessità di avere un pieno controllo delle azioni da parte dell’individuo, e il rimanere preda della confusione e del dubbio. Un agitarsi di sentimenti, pensieri e riflessioni che potrebbe anche non interessare chissà quanto il normale ascoltatore, e ci può stare, ma questa base concettuale è utile per comprendere come si svolga la musica, i modi in cui si ramifichi, si annodi, si disveli e diffonda. I momenti tumultuosamente black metal, ancora ricchi e tracimanti in “A Umbra Omega”, qui non scompaiono, pur riducendosi in numero e foga, fungendo piuttosto da connessione, da rassicurante punto di partenza e arrivo. Perché nel mezzo, i Dødheimsgard vanno a osservare gli astri, a perdersi nelle galassie, in spazi vuoti e silenziosi, riempiti da ricami tastieristici che stimolano l’immaginazione e la portano, assieme alla musica, a perdersi in un indeterminato altrove.
La tecnica, di altissimo profilo, si mette al servizio di un’espressività elegantemente cupa e in agitato, eppur controllato, divenire; pause cariche di suggestione si intervallano ad andamenti ritmicamente coinvolgenti, progressioni caute e ombrose si danno il cambio a strappi roboanti e mai uguali. Superbo il lavoro sulle voci e gli arrangiamenti, con un’attenzione al dettaglio mostruosa e l’esposizione di una serie di soluzioni ampissima, con le porzioni più ariose ed eteree a regalare meraviglia, incanto e stupore. Difficile nominare, di fronte a cotanta eccellenza, cosa emerga maggiormente. Vi sono più che altro singole situazioni a brillare, così abbacinanti da installarsi in testa e non volersene più andare, come la diluita seconda parte, tutta giocata su synth liquidi, sussurri e nenie, di “Det tomme kalde morke”; il tambureggiare catchy e trascinante di “Intestellar Nexus”; il passeggiare notturno, ovattato e confortante della lunga coda di “Abyss Perihelion Transit”; lo stravagante sgocciolar di pianoforte di “Requiem Aeternum”.
Il destreggiarsi tra pianistico ed elettronico, suscitando un’emozionalità sobria e per nulla sopra le righe, ricorda in alcuni casi gli Arcturus di “The Sham Mirrors”, avendo in questo caso un’attenzione ancora maggiore alla delicatezza, al fondersi dei suoni per portare a rilassarsi, pensare, mirando quasi a uno stato meditativo. La derivazione dell’opera da una matrice old-school si avverte nel modo comunque relativamente facile con cui si entra in dialogo con l’album, che si concede a una sua peculiare scorrevolezza e, quando suona prettamente metallico, sa trascinare e dare spazio a un incedere torrenziale, nient’affatto ridondante. I fan dei Dødheimsgard avranno di che compiacersi dell’attuale stato di ispirazione della band, per tutti gli altri l’occasione è ghiotta per fare finalmente conoscenza con una realtà così esuberante e comunque concreta, vibrante, autentica.

TRACKLIST

  1. Et smelter
  2. Tankespinnerens Smerte
  3. Interstellar Nexus
  4. It Does Not Follow
  5. Voyager
  6. Halow
  7. Det tomme kalde morke
  8. Abyss Perihelion Transit
  9. Requiem Aeternum
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