7.0
- Band: DØDSFERD
- Durata: 00:56:40
- Disponibile dal: 10/05/2024
- Etichetta:
- Hypnotic Dirge Records
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Il percorso degi ellenici Dødsferd è fatto di quasi venticinque anni di carriera, spalmati su dodici album ed un abbondante numero di split ed EP che formano un curriculum sicuramente invidiabile come quantità e perseveranza. Non lo stesso si può dire per il livello qualitativo delle varie uscite, alcune altalenanti e troppo eterogenee, che ha visto il gruppo capitanato da Nikolaos ‘Wrath’ Spanakis passare da album in stile depressive ad altri quasi black’n’roll, in maniera talvolta caotica e poco strutturata.
Discorso diverso di può fare per i Dødsferd odierni, che escono con un lavoro che suona come un manifesto di intenti a partire dall’ autocelebrativo titolo “Wrath” e che ci presenta il gruppo in una veste molto più intensa e violenta, non originalissima ma decisamente efficace.
Quaranta minuti divisi su sei brani (sette nella versione vinile) che variano dai cinque a dieci minuti di durata, per un black metal abbastanza classico, violento e ben strutturato, a volte forse un po’ troppo prolisso ma pur sempre fluido e godibile.
Spariscono quasi del tutto le influenze depressive e i rimandi – non sempre felicissimi – agli Alcest e trovano spazio, invece, tempi quasi sempre sostenuti e chitarre che alternano i classici riff black discretamente melodici ad altri di scuola thrash tedesca, per una sensazione generale di urgenza che trova i suoi picchi nella angosciante “Heaven Drops With Human Filth” o in “Decay Of Sanity”, due ottimi esempi di come scrivere brani dalla struttura non scontata ma pur sempre scorrevole.
Certo, non tutto è perfetto ed alcuni momenti, seppur buoni, suonano un po’ troppo logorroici, come in “Restoration Of Justice” o nei dieci minuti di “Raging Lust Of Creation” che si perde in alcune lungaggini eccessive che rischiano di far perdere il filo del discorso; quello che invece funziona alla grande sono canzoni come “Spiritual Lethargy”, dirette e senza troppi fronzoli che ricordano i migliori Dõdsrit.
Un discorso a parte va fatto poi per “Back To My Homeland… A Beast In Calm”, traccia di oltre tredici minuti presente esclusivamente nella versione in vinile ma meritevole di attenzione, vista la sua natura sperimentale e disorientante: il brano parte come una sorta di depressive psichedelico dai toni ambient e sfocia in un finale lo-fi quasi hip-hop, recitato in lingua madre e che ricorda i Manes più eclettici del periodo “How The World Came To An End”. Un lato dei Dødsferd inaspettato, incoraggiante e che meriterebbe di essere esplorato ulteriormente.
Per ora comunque accontentiamoci di un album che, seppur non esente da qualche difetto, riesce a non perdersi nell’anonimato.