7.5
- Band: DOGFACE
- Durata: 00:42:38
- Disponibile dal: 29/11/2013
- Etichetta:
- AOR Heaven
- Distributore: Frontiers
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
Oramai non c’è più da stupirsi se uno stakanovista del calibro di Mats Levén riesce a gestire con successo la sua fitta agenda di impegni, grazie alla sua portentosa ugola capace di attirare l’interesse di una serie di band più o meno famose. Il suo esordio ufficiale risale nel lontano 1989 con gli Swedish Erotica, autori di un superbo debutto di hard rock melodico ottimamente suonato ed altrettanto ben prodotto. Successivamente il frontman entra a far parte dei Treat, con i quali pubblica tre anni più tardi l’omonimo album, qualitativamente notevole, purtroppo passato pressoché inosservato a causa dell’avvento del grunge. Anche Sua Maestà Yngwie Malmsteen rimane impressionato dal suo talento, sino al punto di invitarlo alla sua corte. Nel 1997 viene pubblicato “Facing The Animal”, canto del cigno del guitar hero svedese, peraltro supportato dal mitico Cozy Powell dietro le pelli. Giunti all’inizio del nuovo millennio, Mats fonda insieme al chitarrista e produttore Martin Kronlund i Dogface, artefici di un paio di piacevoli capitoli meritevoli di amalgamare con distinta credibilità la tradizione al futuro. Messo in ghiaccio questo progetto a tempo indeterminato, Kronlund si impegnerà in cabina di regia per Joe Lynn Turner e i Phenomena, trovando anche il tempo di incidere due album con i Gypsy Rose ed uno recente con i Love Under Cover. Levén invece transiterà nei Therion, con i quali inciderà il meraviglioso “Gothic Kabbalah”, approdando successivamente al ruolo di frontman nei Candlemass, indiscussi re del doom metal scandinavo. Di recente, questa strana coppia ha deciso di riesumare i Dogface, accompagnati da Perra Johansson (Coldspell, Phenomena) alla batteria e Mikael Carlsson (Lover Under Cover, Rage of Angels) al basso. Questa ritrovata alchimia artistica ha generato di conseguenza il miglior capitolo della loro breve discografia: oltre ad essere un’esplicita dichiarazione di intenti, “Back On The Streets” ci regala tre quarti d’ora scarsi di pregevole musica ancorata nelle maglie dell’hard rock pulsante di matrice seventies, al contempo proiettati nel ventunesimo secolo per merito di un songwriting fresco e sufficientemente vario. La scelta di attualizzare le composizioni con un sound moderno, ma rispettoso della tradizione del genere, si rivela una mossa azzeccata, risultando potenzialmente appetibile ad un pubblico più giovane. Nei microsolchi di questo CD non troviamo ovviamente nulla di particolarmente originale, ma i Nostri riescono con estrema bravura, condita da un pizzico di necessario mestiere, ad attualizzare la lezione impartita dai mostri sacri del genere. Lo spirito di Ronnie James Dio viene rievocato con commovente maestria in “Footsteps On The Moon” e “Fired”, emozionanti ed aggressivi mid tempo traboccanti di vivido pahtos eroico. E’impossibile al contempo rimanere immobili dinanzi agli attacchi frontali scaturiti dalla title track e da “Can’t Face Tomorrow”, superbi uptempo capaci di spedirci su di un altro pianeta, grazie a linee vocali estremamente curate, che decollano in chorus tremendamente efficaci. Un’ipotetica jam nel futuro remoto tra Deep Purple e Black Sabbath dell’era Tony Martin potrebbe dar vita alla martellante “Higher”. Una bollente trama portante di hammond elaborata dall’ospite Dan Helgesson annichilisce il paesaggio sonoro cucito su misura per “Crazy Horses”, esemplare nella sua fervida urgenza ‘bluesy’. Non sono sufficienti un paio di episodi sottotono come la macchinosa “Get Up” e il ridondante pastiche acido di “Freaking Out” a scalfire la longevità di un prodotto meritevole di farci correre ben più di un brivido lungo la spina dorsale. Bentornati, cari Dogface!