DOKKEN – Heaven Comes Down

Pubblicato il 10/11/2023 da
voto
6.5
  • Band: DOKKEN
  • Durata: 00:41:55
  • Disponibile dal: 27/10/2023
  • Etichetta:
  • Silver Lining

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Sono tanti i casi, nella storia della musica rock e metal, di artisti che hanno vissuto letteralmente sulla cresta dell’onda artistica per tutta la prima parte della propria carriera, salvo poi iniziare a traballare irrimediabilmente, fino al sopraggiungere di quella stramaledetta sensazione di aver esaurito tutto il proprio potenziale compositivo ed esecutivo.
Nel caso dell’iconico frontman californiano Don Dokken, facciamo a meno di ribadire il nostro affetto per i primi cinque lavori della sua discografia, trattandosi di autentiche perle di hard & heavy di matrice statunitense, ben note e care a pressoché ogni metallaro vecchia scuola degno del nome. E questo indipendentemente dalla svolta presa dal suo percorso musicale a partire dalla prima metà degli anni ’90, che di fatto ha tracciato una sorta di linea di demarcazione tra il suo periodo irrinunciabile e quello in cui a farla da padrone sono stati perlopiù i dolori.
Non sono mancati un paio di album (tutto sommato) convincenti, ma la penultima uscita “Broken Bones” si è a tutti gli effetti rivelata una delle più controverse della discografia, soprattutto considerando i gioielli di cui il mitico cantante si è reso protagonista insieme all’allora suo chitarrista George Lynch; senza contare che, a volerla dire tutta, quella sarebbe dovuta teoricamente essere l’opera di addio, almeno stando alle dichiarazioni dell’epoca.
Ebbene, a distanza di quasi dodici anni, l’ormai settantenne Donald Maynard Dokken ci riprova, confezionando il qui presente album “Heaven Comes Down”, destinato a far discutere gli appassionati per parecchio tempo per un motivo ben specifico: a livello compositivo, il miglioramento rispetto a quanto fatto nel decennio scorso è evidente, e non a caso ci sono alcuni pezzi invero piuttosto ficcanti, come la iniziale ed energica “Fugitive”, che apre le danze lasciandoci inizialmente stupiti, la successiva “Gypsy” o la più AOR “Over The Mountain”, anche se ci sarebbe da dibattere sul proverbiale effetto deja-vu di quest’ultima, non tanto per il titolo identico alla celebre canzone di Ozzy Osbourne, ma perché le soluzioni musicali adottate ci ricordano parecchio alcuni pezzi dei sottovalutati Ten.
Tuttavia, il vero problema è proprio quello che ci aspettavamo, memori anche dell’ultima esibizione dei Dokken cui abbiamo avuto modo di assistere, poco prima della pandemia: la voce di Don è ormai del tutto inesistente e inadeguata per la valorizzazione di un album in cui comunque traspare l’impegno sul versante del songwriting e della componente strumentale: i singoli esecutori risultano infatti ben sfruttati e interpreti di parti che vanno dal discreto al più che buono, anche se, pur fornendo una prova esemplare in fase solista, il buon Jon Levin alla chitarra fatica a reggere il confronto con chi lo ha preceduto. D’altra parte, considerando che parliamo di gente come George Lynch, Reb Beach e John Norum, ci può pure stare che il Nostro sfiguri almeno un po’.
Detto ciò, nonostante i singoli brani siano mediamente più che validi, qualche punto debole la scaletta ce l’ha, come ad esempio la più lenta e stanca “I’ll Never Give Up”, afflitta da delle linee vocali quasi fastidiose e con un titolo stesso che ci fa preoccupare non poco, considerando le condizioni in cui verte l’ugola di chi ci mette il nome, il quale forse dovrebbe seriamente tener conto dell’idea di ritirarsi, in modo da lasciare tutti i suoi fan con il bel ricordo dei capolavori del passato. Del resto, riteniamo che siano sempre meno coloro che sentano la vera necessità di nuova musica da parte di un artista che è, di fatto, l’ombra di ciò che era un tempo. Sebbene ci siano appunto degli elementi di forza nella scrittura dell’album, non siamo sicuri che questi ultimo giustifichino la volontà di andare avanti ad oltranza.
Paradossalmente, per concludere, riteniamo che il pezzo in cui la voce di Don funziona meglio sia proprio la ballad conclusiva “Santa Fe”, che col suo gusto a tinte southern riesce a collocare il tutto in un contesto decisamente più tranquillo e favorevole, di modo da permettere ad un comparto vocale stanco di congedarsi con un applauso.

TRACKLIST

  1. Fugitive
  2. Gypsy
  3. Is It Me Or You?
  4. Just Like A Rose
  5. I'll Never Give Up
  6. Saving Grace
  7. Over The Mountain
  8. I Remember
  9. Lost In You
  10. Santa Fe
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