7.0
- Band: DORMIN
- Durata: 01:02:06
- Disponibile dal: 30/04/2015
- Etichetta:
- Revalve Records
- Distributore: Masterpiece
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Giungono al proprio secondo disco sulla lunga distanza i siciliani Dormin, band già autrice, nel 2013, del debutto “Psykhe Comatose Disorder”. I Nostri tornano sulle scene con un lavoro più corposo del precedente, almeno per quanto riguarda il minutaggio, ma che allo stesso tempo risulta anche tranquillamente fruibile per la buona varietà della proposta musicale. Proposta musicale che si articola in un metal melodico e atmosferico baciato da diversi richiami a death metal, post-rock, gothic, shoegaze e doom, tanto che la stessa band definisce il sound attuale come doomgaze/death metal, non esagerando neanche tanto e, anzi, dando una decente e rapida lettura della sua musica. La lunghezza del platter non è minata dall’avvento della noia e ciò è già un ottimo punto di partenza: i Dormin sono bravi ad alternare, nella tracklist, episodi di varia natura, scendendo di tono solamente sul finale, dove una cover non entusiasmante di “Therein” dei Dark Tranquillity chiude in sordina un disco altrimenti convincente quasi in toto. L’atmosfera onirica e sognante, non troppo malinconica, che pervade “To Foreign Skies” rimanda per forza alle sonorità shoegaze, ma soprattutto a certi soundscape di memoria Novembrina, un’influenza che soprattutto in “Stasis” e “Lavanda” si fa importantissima. L’allegria apparente di un brano movimentato come l’opener “Distance”, oltretutto, può fuorviare l’ascoltatore, allontanandolo dall’approccio death metal che comunque, grazie ai vocalizzi growl e scream, esiste ed è presente, sebbene il gruppo non abbia assolutamente paura di divagare pesantemente tra sensazioni cupe e altre placidamente solari. “Never Again”, proseguendo nella disamina di alcuni fra i brani più significativi del lavoro – ci è difficile, per una volta, fare di tutta l’erba un fascio, considerato l’ampio compasso con cui i Dormin compongono – “Never Again”, scrivevamo sopra, chiama in causa i Paradise Lost meno oscuri e drammatici, così come il singolo “Neon” ridonda epico per tutta la sua durata, ondeggiando tra chiari e scuri ormai deciso trade-mark del gruppo. L’ospitata di Bjorn ‘Speed’ Strid dei Soilwork su “Liar (Urban Hideout)” passa quasi inosservata e le preferiamo la stolida epos di “Hollow Sun”, probabilmente la traccia del lotto che ci convince di più. Una formazione comunque davvero interessante, quella dei Dormin, che può piacere a molte tipologie di fan metallaro, magari partendo da quelli che bazzicano più volentieri la vecchia scena gothic e la nuova scena post e da chi prova per gli Alcest più di una semplice infatuazione. Buon disco!