8.0
- Band: DORNENREICH
- Durata: 00:45:05
- Disponibile dal: 11/06/2021
- Etichetta:
- Prophecy Productions
- Distributore: Audioglobe
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Nell’anno che segna il venticinquesimo anniversario dalla nascita della band e il ventennale di quello che forse è il suo disco più rappresentativo, “Her von welken Nächten”, i tirolesi Dornenreich si ripresentano sul mercato con il nono album “Du wilde Liebe sei”. Sono passati ben sette anni dall’ultimo “Freiheit”, album già molto lontano da quel pittoresco black metal col quale il gruppo si era fatto conoscere nei primi 2000. Da tempo la formazione ha abbracciato in toto la causa del folk, attingendo quasi nulla da quel retaggio estremo così ben esplorato nella prima parte di carriera. Questo tanto per chiarire che, se non si fossero apprezzate le svolte recenti di questa compagine, non sarà certamente “Du wilde Liebe sei” a farvi cambiare idea. Se invece, pur spiazzati dai cambiamenti progressivamente intervenuti nel sound, aveste continuato a percepire una certa tal magia nell’operato di Eviga e compagni, allora è il caso che approfondiate i contenuti di questo nuovo full-length. Si potrà gradire o meno l’evoluzione compiuta, mentre non si può non evidenziare che nel tratteggiare sonorità folk misteriose, immaginifiche e di grana fine, il talento non sia affatto evaporato, regalandoci ancora una volta musica marchiata inconfondibilmente dal tratto insieme lieve e netto dei suoi autori. Le combinazioni di violino, chitarra acustica, percussioni e la voce spesso sussurrata, aedica, dove pure il volume di voce ha un ruolo centrale, di Eviga, posseggono tutt’oggi un potere incantatore raro, oltre che una solidità strutturale e una vivacità fuori dagli schemi che rimandano direttamente a quando i Dornenreich suonavano black metal. In fondo, quando si permettevano di volteggiare tra violini e chitarre acustiche, già ai tempi del già citato “Her von welken Nächten” e “Hexenwind”, l’impronta era quella odierna, solo che ai tempi rappresentava solo una componente, per quanto importante, dell’intera impalcatura sonora: ora, ne è lo stile dominante.
È un ricco minimalismo quello degli attuali Dornenreich: l’opener “So ruf’ sie wach das Sehnen” promana un romanticismo oscuro, sospesa tra le carezze del violino, percussioni bucoliche e un’acustica rasserenante, ma che con pochi tocchi porta ombrosità e lievi increspature. “In Strömen aus Verwandlung ein flackerloses Licht” già include chiaroscuri e incisi più evidenti, contemplando varie sezioni in sottile tensione, quelle dove l’ispidezza della voce di Eviga può dare il meglio, in minuscole sfumature da ascoltare in raccoglimento. L’adagiarsi e innalzarsi di chitarra e violino, senza mai arrivare a momenti tremendamente vibranti, porta su di sé le tipiche stimmate dei Dornenreich, che qui non si precludono nemmeno frammenti di vaga rabbia e vivacizzazioni ritmiche. A un orecchio ‘metallaro’, non può che far piacere udire scampoli di chitarra distorta, ancora funzionali al contesto, quando presenti; è il caso di “Dein knöchern’ Kosen”, brillante nei suo passaggi marziali, in contrapposizione alle elaborate trame acustiche. Riaffiorano ben più che come semplice suggestione echi del passato black metal, anche se quel turbine emotivo rimane ben staccato da quello che il gruppo oggi rappresenta. Il tono del disco non diventa mai irruento, preferendo la ricerca di una beatitudine non priva di pieghe repentine, di cambi d’umore e vedute. I colori non sono per forza eterei e pastellati, si addensano in nuvolaglie e scurimenti, perturbazioni magari fugaci, eppur ben tangibili.
Altro pregio del trio è quello di non scadere in facili schematizzazioni, non vi sono motivi ricorrenti da una traccia all’altra, nonostante i pochi strumenti adoperati. Oggi i Dornenreich definiscono la loro proposta ‘black arcane music’, e non ci sentiamo di dissentire: la moderata umoralità, il richiamo a suoni antichi con un tocco di modernità, una torbidezza garbata, sono qualità innegabili di “Du wilde Liebe sei”. Incentrato su differenti interpretazioni del concetto di amore, l’album si permette di trasmettere sofferenza, delicatezza, slancio e malinconia con un linguaggio sonoro forbito e non lineare. “Der Freiheit Verlangen nach goldenen Ketten” e le sue urla, gli adombramenti del violino e le lunghe pause concesse, spiegano meglio di ogni possibile descrizione a parole la profondità del messaggio della band. Intrecciando festosità e contemplazione, umori dark e piglio battagliero, risplende una “Sie machen Mangel zum Geschenk”, in antitesi al fitto dialogo di acustica e voce, al minimo di volume, di “Das Geheimnis des Quellkosters”. Fragore e gentilezza ci accompagnano allora fino al termine di questo viaggio sonoro, per il quale l’aggettivo ‘evocativo’ sta quasi stretto. Dall’originario black metal al folk attuale, il combo austriaco non ha ancora smesso di far sognare.