7.5
- Band: DOWNFALL OF GAIA
- Durata: 00:40:32
- Disponibile dal: 11/11/2016
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Ogni lavoro dei Downfall Of Gaia cammina sui bordi dell’abisso e reca sentori di ansia e malessere interiore. Il nuovo “Atrophy”, primo album ad essere stato composto senza l’apporto del chitarrista/cantante Peter Wolff (rimpiazzato prontamente dall’italiano Marco Mazzola), non fa eccezione, anche se nel songwriting del gruppo di origine tedesca sembrano essersi fatte largo una vena melodica e una raffinatezza più accentuate. Non più solo una grigia inquietudine e un nervosismo derivanti dal background crust hardcore – seppur incanalati da tempo in una custodia black metal – bensì sintesi e maggiore armonia, cui si unisce una resa sonora più rotonda. Nelle nuove canzoni c’è tutta quella cupa sensibilità cara ad album come “Suffocating in the Swarm of Cranes” e “Aeon Unveils the Thrones of Decay”, ma “Atrophy”, già a partire dal breve titolo, trasmette maggiore linearità e concisione, per una formula in cui a prevalere è soprattutto un’ispirazione melodica mai così chiara e malinconica. Il risultato è un disco di “appena” quaranta minuti che riesce subito ad entrare in sintonia con l’ascoltatore, mettendo in mostra in maniera diretta e naturale tutte le idee dei “nuovi” Downfall Of Gaia. Malinconia permeata di disperazione e fulminei sprazzi di luce in questa ennesima affranta discesa, con strutture meno spigolose del solito che danno vita ad alcuni episodi dalla lunghezza moderata (per gli standard dei ragazzi), i quali sovente si fanno subito ricordare grazie a toccanti nenie che coinvolgono tanto le chitarre quanto le urla del frontman Dominik Goncalves dos Reis. Anche se non si arriva a gridare al capolavoro – il confronto con le opere di innegabili punti di riferimento come gli Altar Of Plagues continua ad essere a favore di questi ultimi – “Atrophy” si dimostra l’ennesima conferma di come questa band non sia in grado di fare un brutto disco, neanche quando reduce da importanti cambi di formazione. Basta l’ascolto di tracce come “Woe” ed “Ephemerol” per far sì che questa certezza ci rassicuri come non mai.