6.0
- Band: DRASTIQUE
- Durata: 00:43:55
- Disponibile dal: 01/05/2003
- Etichetta:
- Beyond Productions
- Distributore: Masterpiece
Spotify:
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Ben cinque anni fa usciva una band italiana dal nome Drastic che osava a fondere numerosi generi musicali in un solo cd. Il tentativo era azzardato, perché quei tempi non erano così desiderosi di certe novità come quelli attuali. A distanza di cinque anni il gruppo ritorna con il monicker leggermente cambiato (ora si chiamano Drastique). L’intento è sempre quello, a quanto sembra: voler stupire. La musica del gruppo veneziano è onestamente difficile da digerire, si inserisce a pieno diritto nella schiera delle band un po’ sui generis che ci sono qui nel nostro paese. Una soffocata vocazione per l’elettronica (specie per l’uso dei suoni), affiancata da un gusto pienamente classico; aggiungeteci un’esuberante vocazione barocca nel comporre le canzoni ed avrete lo shake Drastique. L’opener contiene un semplice ma accattivante giro di tastiere che serve da base ad un cantato concepito come dialogo tra la voce femminile e quella maschile. A volte i Drastique sono pretenziosi, aristocratici, ma sanno azzardare e in certi punti questa loro qualità piace. A tratti teatrali, in altri avantgardistici, i Drastique propongono una musica ben più complessa dell’etichetta gothic metal affibbiata loro dalla casa discografica Beyond Productions. In sede di presentazione si fanno i nomi di Limbonic Art e Tristania, ma sinceramente di affinità a gruppi simili non se ne vedono. La voce femminile a volte è moto convincente, in altri è superflua, mentre interessante è la cover di “Maria Magdalena” in chiave elettronica. Ci sono parti cantate anche in italiano, e qui la materia è scottante perché questa lingua va dosata in modo oculato in quanto non molto facile da inserire su un certo genere musicale. I Drastique sembrano uno di quei gruppi intellettuali che sfornano sempre un concept interessantissimo con tesi che lo sono altrettanto, ma poi la musica è di difficile assimilazione perché troppo altolocata negli intenti dei musicisti. Questo “Pleasureligion” analizza quell’ardore vivo in molti poeti e scrittori (Dante, Blake, Coleridge, Keats, Shelley) che si soffermavano a ricercare il piacere visto come forma di religione. “The Succubus” è poco riuscita, un po’ troppo sconclusionata e con elementi che non sempre si intrecciano nel migliore dei modi: la band ha un gusto particolare per la musica, e bisogna stare attenti nel seguirla anche se talvolta le scelte stilistiche non sono poi geniali. “Legacy Of Fascination” è il manifesto della stravaganza di questo gruppo, in cui un cantato a tratti orientaleggiante è alternato a parti più classiche che ricalcano un po’ troppo la base musicale. “Perfect Nothing” è forse il miglior pezzo dell’album, che contiene infatti una buona base elettronica, è abbastanza gothic e tuttavia risulta anche un brano energico, in cui finalmente sono in gran spolvero le metriche usate per i vari tipi di cantato presenti nella song. La conclusione del cd è l’ovvio prosieguo di quanto detto fin’ora. Un cd con qualche trovata geniale, ma con numerosi passi che vanno rivisti: forse, dopo cinque anni di silenzio, ci vuole un periodo di rodaggio prima di trovare la marcia giusta. Un cd adatto a chi vuole osare qualcosa di non comune.